La Cassazione ha ribadito che dividere la stessa casa per motivi economici non implica un'avvenuta riconciliazione tra le parti

di Marina Crisafi - Se i due ex continuano a vivere insieme sotto lo stesso tetto non significa che si siano riconciliati e quindi ciò non vale ad interrompere il corso della separazione. A ricordarlo, è la sesta sezione civile della Cassazione, con l'ordinanza n. 2360/2016 depositata qualche ora fa (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di una donna avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino che aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio contratto con il coniuge.

La donna sosteneva l'avvenuta riconciliazione con l'ex marito, vista la ricostituzione della convivenza tra i due, proseguita fino a pochi mesi prima della domanda di divorzio, ma il giudice di merito rigettava l'eccezione di mancanza del requisito della separazione.

Per la corte territoriale, è la parte convenuta ad essere gravata dell'onere della prova dei fatti che dimostrerebbero la ricostituzione della convivenza che non può essere confusa con la semplice coabitazione.

Motivazione confermata dagli Ermellini che quanto all'onere della prova ribadiscono che l'eccezione di sopravvenuta riconciliazione deve essere proposta ad istanza di parte, non può essere rilevata d'ufficio e spetta alla parte convenuta dimostrarla.

In ordine all'asserita riconciliazione ha ricordato la S.C., la "mera coabitazione" non è sufficiente a provarla, "essendo necessario il ripristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale" (cfr. Cass. n. 19535/2014).

Né possono rilevare a tal fine i motivi della coabitazione, ha precisato piazza Cavour, "oggi frequenti per la notoria caduta dei redditi accentuatasi in ragione della crisi economica del paese" e sicuramente "non decisivi ai fini della prova che, tuttavia, può porre anche la loro menzione nel tragitto finalizzato all'accertamento del complessivo comportamento delle parti nel periodo di separazione per il compimento dello scrutinio dell'avvenuto ripristino della comunione materiale e spirituale dei coniugi".

La mera ripresa della coabitazione, si legge nella sentenza, va equiparata alla "coabitazione inerziale, o interessata da ragioni meramente materiali, dovute a fattori economici o logistici di altra natura", laddove non vengano riprese le relazioni reciproche.

E nella vicenda, le motivazioni della donna non appaiono affatto convincenti, considerato che peraltro i due coabitavano ma in stanze separate e valutando anche i comportamenti dell'ex marito che non solo non ha mosso alcuna eccezione, ma ha anche proposto domanda riconvenzionale di addebito, dimostrando di non avere alcuna intenzione di voler continuare a vivere con la moglie.

Cassazione, ordinanza n. 2360/2016

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