La revoca triennale della patente per chi causa un incidente ubriaco o sotto effetto di droga decorre dalla condanna. I chiarimenti del Ministero

di Marina Crisafi - Chi provoca un incidente ubriaco o sotto effetto di stupefacenti rimane a piedi per più di tre anni. La revoca triennale della patente infatti decorre non già dalla data di accertamento del reato ma da quella della sentenza irrevocabile o del decreto di condanna. Lo ha precisato il Ministero dei Trasporti (con la circolare n. 938/2016 qui sotto allegata), ritenendo opportuno ribadire l'interpretazione fatta propria da una recente ordinanza del Tribunale di Como (n. 4709/2015) in materia di interpretazione dell'art. 219, comma 3-ter del Codice della Strada.

La norma specifica che quando la revoca della patente viene disposta in conseguenza delle violazione di cui agli artt. 186, 186-bis e 187, non può conseguirsi una nuova patente di guida prima dei tre anni decorrenti dalla data di accertamento del reato.

Ma proprio tale inciso ha creato diverse difficoltà applicative, posto che alcuni interpreti sostengono che il termine "accertamento del reato" debba riferirsi al momento del controllo effettuato dagli agenti di polizia che contestano l'infrazione, mentre altri ritengono che il dies a quo per ottenere di nuovo il titolo abilitativo alla guida decorra dalla pronuncia del giudice e dal passaggio in giudicato della decisione.

Su questa linea si pone il Ministero, il quale ha ribadito più volte e da ultimo nella circolare allegata che la "puntuale individuazione del dies a quo, dal quale far decorrere il termine triennale per il riconseguimento della patente - è - la data del passaggio in giudicato della sentenza o decreto penale di condanna".

Del resto, prosegue la nota del Mit, anche l'ordinanza del Tribunale citata, "evidenzia che il riconseguimento della patente presuppone la revoca della stessa che, ai sensi dell'articolo 224, consegue ad una sentenza irrevocabile di condanna".

Tale decisione ovviamente, conclude il ministero, "fornisce una interpretazione logico-sistematica della norma e non si fonda su considerazioni extragiuridiche (lunghezza dei processi, ecc.) non consentite".

La circolare del Mit n. 938/2016

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