Nota di commento alla sentenza del Tar Torino sez. 1 n. 1430 del 16 ottobre 2015

Avv. Francesco Pandolfi - Il Questore respinge una domanda di licenza di porto d'armi per l'esercizio del tiro a volo.

L'interessato ha subito un processo che è giunto alla sua conclusione con l'estinzione per prescrizione; in passato egli era stato chiamato in causa per una decina di procedimenti penali ove gli venivano contestati tutta una serie di reati: dal commercio di medicinali pericolosi all'evasione Iva, dalle lesioni personali all'esercizio abusivo della professione medica.

Da notare che il provvedimento questorile, poi impugnato, evidenzia che tutti quei fatti pregressi (i vari procedimenti penali) possono essere annoverati in quell'insieme di situazioni tipiche ed indicative di disvalore sociale e giuridico, giustificando così la scontata conclusione che il soggetto non riunisce i requisiti necessari per il rilascio e la permanenza dell'autorizzazione di polizia in materia.

Vediamo i fatti oggetto di valutazione in causa.

Nella situazione reale l'elemento che emerge è il seguente: c'è stata una valutazione amministrativa di un coacervo di fatti commessi e storicamente accertati in forza dei quali, a prescindere dalle conseguenze processuali, sussiste l'indizio forte del disvalore sociale in quelle condotte.

Il diniego è pertanto motivato con riferimento all'attività di farmacista svolta dal soggetto, ma in assenza di qualsiasi valutazione (o motivo) sul possibile abuso delle armi.

Il Questore respinge la domanda di licenza di porto d'armi per l'esercizio del tiro a volo.

La scelta decisoria del Tar di Torino esprime, invece, in tutta chiarezza il principio che il potere discrezionale affidato all'Autorità di Pubblica Sicurezza non può sconfinare nell'incoerenza e nell'illogicità.

Una cosa è parlare di esigenze preventive connesse all'uso delle armi in generale, altra cosa è assegnare alla discrezionalità una funzione, per così dire, "omniacomprensiva" e trasversale: in effetti, l'autorità non spiega le ragioni per cui i fatti oggetto di indagine penale possano essere ritenuti sufficienti per concludere che il richiedente manchi dei requisiti ex art. 43 R.D. n. 773/31.

Prendendo spunto dalla sentenza in commento, come comportarsi in un ricorso analogo: pur consapevoli che l'amministrazione è legittimata a dare valore anche ad episodi non strettamente legati all'abuso pregresso delle armi (da cui però è agevole dedurre un giudizio di non affidabilità del titolare), è bene andare ad individuare, con l'aiuto dell'avvocato, i punti del diniego dove manca la motivazione sul possibile "abuso" delle armi.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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