Secondo la Fair Work Commission australiana rimuovere un contatto dalla propria cerchia sul social network può integrare una condotta mobbizzante

di Marina Crisafi - A chi non è capitato di rimuovere con nonchalance un'amicizia da Facebook? Bene ora è meglio stare attenti. Quest'azione secondo una sentenza australiana può rappresentare un atto di mobbing.

La vicenda esaminata dalla Fair Work Commission e raccontata sulle colonne del quotidiano britannico The Telegraph, ha per protagonista una dipendente di un'agenzia immobiliare, Rachel Roberts, che dopo una serie di dissidi con il proprio capo, miss Lisa Bird, riguardanti la scarsa pubblicità riservata alle case a lei assegnate da vendere sulla vetrina dell'agenzia e gli atteggiamenti tenuti dalla stessa (che non la salutava e la escludeva dalla consegna del materiale al resto dello staff,) in seguito all'ennesima discussione scopriva di essere stata letteralmente bannata dalla cerchia di amicizie della donna sul noto social network.

La Roberts allora trascinava in giudizio il suo capo per sentirla condannare al risarcimento per i comportamenti irragionevoli perpetrati nei suoi confronti che le avevano causato ansia e depressione.

E per il tribunale australiano la Bird ha senz'altro compiuto un atto di prepotenza, dimostrando "mancanza di maturità emotiva" espressione di "un comportamento irragionevole".

La sentenza precisa che rimuovere un amico da Facebook non è di per sé un atto di mobbing, ma in situazioni come quella del caso di specie lo diventa, giacché l'azione si pone al culmine di un contesto costituito da una serie di condotte scorrette e persecutorie messe in atto nei confronti della dipendente, provocandole diversi disturbi depressivi.

In ogni caso, non vi è alcun dubbio sul fatto che la sentenza segna un ampliamento della casistica delle condotte mobbizzanti sul luogo di lavoro, destinata a far riflettere tutti, anche al di fuori dei confini australiani.



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