Ritenuta proporzionata la sanzione inflitta al dipendente anche sulla base del Ccnl di categoria

di Marina Crisafi - È licenziabile per giusta causa anche il dipendente che crea un clima di tensione in azienda. Lo ha deciso la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 17435/2015 depositata oggi (qui sotto allegata), rigettando il ricorso di un dipendente di un'azienda farmaceutica avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma che confermava la legittimità della sanzione inflitta dalla datrice di lavoro.

Per il giudice di merito la domanda del ricorrente andava rigettata perché i fatti addebitati allo stesso (comportamento ingiurioso o minaccioso durante il servizio, violazione di ogni norma di legge riguardante il deposito, la vendita o il trasporto di medicinali) non erano mai stati contestati, sostenendo invece che si trattava di mere reazioni all'atteggiamento complessivamente persecutorio adottato nei suoi confronti dall'azienda datrice.

L'uomo adiva quindi la Cassazione, adducendo che in ogni caso il clima di tensione causato non poteva giustificare l'impugnato licenziamento e che la misura espulsiva irrogata era sproporzionata, poiché "i giudici dell'appello non avrebbero considerato l'elemento essenziale e costitutivo della giusta causa di licenziamento costituito dalla proporzione tra i fatti contestati e la sanzione tenendo conto dell'elemento soggettivo della condotta e l'atteggiarsi complessivo del lavoratore".

Ma per la Cassazione, la tesi non regge.

Ad essere confermati dall'istruttoria, ha osservato infatti la S.C., sono gli addebiti mossi dal datore di lavoro, non solo non contestati ma anzi ammessi dal lavoratore, il quale li ha ritenuti giustificati in nome dell'asserita persecuzione da parte del datore nei suoi confronti, cosa che, invece, non è stata ritenuta provata dalla corte capitolina, con giudizio non censurabile in sede di legittimità.

Analogamente non censurabile per costante giurisprudenza, ha affermato la S.C., è il giudizio di proporzionalità della sanzione, riservato al giudice del merito, se congruamente e logicamente motivato.

Tra l'altro la Corte d'appello nel caso in esame ha anche verificato la legittimità del licenziamento sulla base del Ccnl di categoria applicabile alla fattispecie e che espressamente prevede il licenziamento senza preavviso per i comportamenti contestati nel caso in esame. Per cui ricorso rigettato ed ex lavoratore condannato alle spese.

Cassazione, sentenza n. 17435/2015

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