L'amministratore può costituirsi in giudizio e impugnare una sentenza senza una preventiva autorizzazione, ma serve poi la ratifica
A cura dell'Avv. Francesca Tedeschi

Cassazione civile, SS.UU., sentenza 06.08.2010 n° 18331

"L'amministratore di condominio, in base al disposto dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione dell'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.".

In base alla disciplina codicistica, modificata recentemente con Legge 220/2012, l'amministratore di condominio ha la rappresentanza processuale del condominio, ovvero ha il potere di agire in giudizio sia dal lato attivo che da quello passivo.

Pertanto, l'amministratore di condominio, entro i limiti stabiliti dalla legge, può promuovere una lite nell'interesse del condominio, oppure può resistere ed essere coinvolto nelle vertenze giudiziarie inerenti il condominio da lui rappresentato.

L'art. 1131 c.c. prevede, infatti, che egli ha la rappresentanza dei partecipanti al condominio nei limiti delle attribuzioni stabilite dalla legge stessa, ex art. 1130 c.c., o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea. In tale contesto, l'amministratore può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. E' questa la c.d. legittimazione attiva, ossia il potere di promuovere una causa e comunque di ricorrere all'Autorità Giudiziaria.

In via generale ed astratta, si rappresenta che i poteri dell'amministratore conoscono gli stessi limiti posti ai suoi poteri di carattere sostanziale ovvero rispettando questi, egli può agire in giudizio indipendentemente da una delibera assembleare ad hoc. Viceversa, l'amministratore di condominio necessita di apposita autorizzazione assembleare, allorquando debba dar corso a liti che riguardano materie esorbitanti dalla previsione dell'art. 1130 del codice civile


Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha enunciato il seguente principio di diritto che può essere così enunciato: la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio sussiste, senza alcuna limitazione ed estendendosi anche in ordine alla interposizione d'ogni mezzo di gravame che si rende eventualmente necessario, per qualsivoglia azione, anche di natura reale, promossa da terzi (od anche dal singolo condomino) relativamente alle parti comuni dell'edificio, avendo in tal caso l'amministratore il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente su i suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini.

Occorre, all'uopo, precisare che l'operato dell'amministratore del condominio può essere ratificato dall'assemblea e, pertanto, il suddetto può produrre successivamente in giudizio tale ratifica. La ratifica, dunque, vale a sanare con effetti ex tunc l'operato dell'amministratore che abbia agito senza autorizzazione dell'assemblea. In tal senso, si può agevolmente affermare che la produzione della delibera assembleare di ratifica dell'operato dell'amministratore consente di verificare l'intervenuta sanatoria della precedente carenza di legitimatio ad causam.

L'amministratore del condominio, in conclusione, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131 secondo e terzo comma c.c., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Avv. Francesca Tedeschi

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