Avevano nascosto sotto i vestiti profumi, caffè e biscotti, togliendo l'antitaccheggio e superando il controllo alle casse con il pagamento di un solo prodotto. Ma l'addetto alla sicurezza del supermercato, li fermava all'uscita scoprendo la refurtiva. Alla coppia di taccheggiatori bergamaschi, però, andava tutto sommato bene, beccandosi una condanna solo per tentato furto, con pena più mite, ridotta da un terzo a due terzi rispetto a quella del furto vero e proprio (punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni).

A pronunciare il verdetto definitivo sulla vicenda sono state le Sezioni Unite penali della Cassazione, con sentenza n. 52117 del 16 dicembre 2014, chiamate a dirimere il contrasto esistente tra diversi orientamenti.

Delineando il rapporto tra la sottrazione, l'occultamento e l'impossessamento nella condotta di furto, i giudici del massimo consesso hanno ritenuto che il caso non integrasse la fattispecie di furto consumato ma soltanto il mero tentativo, delitto caratterizzato proprio dal mancato verificarsi dell'evento per cause indipendenti dalla volontà del soggetto agente.

Secondo le SS.UU., infatti, la vigilanza (nella specie, operata dai dipendenti del supermercato) ha impedito la consumazione del delitto di furto, che è rimasto quindi allo stadio del tentativo, giacché i taccheggiatori non hanno conseguito, neanche momentaneamente, l'effettiva disponibilità della refurtiva, che non è mai uscita dalla sfera di controllo del soggetto danneggiato. 


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