È giunto alle battute finali il caso del bimbo di 3 anni fatto nascere da una coppia di Crema per mezzo di una madre surrogata ucraina.

È giunto alle battute finali il caso del bimbo di 3 anni fatto nascere da una coppia di Crema per mezzo di una madre surrogata ucraina


La vicenda era salita agli onori delle cronache un paio di anni fa, quando sulla base dei sospetti della comunità lombarda, i servizi sociali di Brescia si erano attivati per verificare la reale discendenza genetica del piccolo. Risultata l'incompatibilità sia con la madre sia con il padre putativo, e fatta luce sulla vicenda, i giudici bresciani di secondo grado avevano infine sentenziato lo stato di adottabilità del bambino, la cui madre naturale è sempre risultata irreperibile. Stato di adottabilità che viene adesso confermato dal Palazzaccio con la sentenza n. 24001/2014. 


Dopo essersi visti respingere per tre volte di seguito la richiesta di adozione, i cinquantenni coniugi di Crema - che non potevano (più) avere figli per vie naturali (senza utero lei, affetto da oligospermia lui) - avevano infatti pensato di aggirare l'ostacolo della loro non idoneità ad adottare e allo stesso tempo il divieto di ricorrere a procedure di fecondazione assistita, volando in Ucraina e "commissionando" una gravidanza ad una donna del posto, per poi tornare in patria e registrare il neonato come loro figlio legittimo. Ma alcune incongruenze intorno alla nascita del piccolo avevano destato qualche dubbio negli ufficiali dell'anagrafe che quindi hanno denunciato i due per frode anagrafica, dando inizio alle indagini e al procedimento giudiziario che si è appena concluso. 


Sebbene il comportamento dei coniugi cremesi sia assolutamente da censurare (secondo la nostra legge, hanno in pratica "comperato" un bambino), è facile intuire quanto dolore questa sentenza

possa aver recato alla coppia, ma anche quanto disagio abbia creato allo stesso bambino - sottratto agli "pseudo-genitori", collocato presso una struttura e tuttora privo dell'affetto di una famiglia. D'altro canto, malgrado la sentenza applichi ineccepibilmente la legge 40/2004 - che sul punto non è stata travolta dalla dichiarazione di incostituzionalità della sentenza n. 162/2014 emanata lo scorso aprile - secondo la Procuratrice Generale presso la Cassazione, Francesca Cerioni, ricorsa per la revoca dell'adottabilità, i tempi in Italia sono ormai maturi perché anche su questa materia vengano accolti ed armonizzati con l'ordinamento interno "i valori condivisi dalla comunità internazionale". Anche nell'opinione della presidente del Tribunale per i Minorenni di Roma, Melita Cavallo, è necessario che il legislatore prenda atto che la realtà è profondamente mutata, ed intervenga di conseguenza.


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