Va dimostrato che tale attività ha causato un aggravamento delle condizioni di salute.

di Licia AlbertazziCorte di Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza n. 22386 del 22 Ottobre 2014. 

L'aver prestato servizio retribuito presso terzi, fuori dall'orario di lavoro e in periodo di malattia, non integra giusta causa di licenziamento. E' quanto si afferma in una sentenza della Corte d'Appello di Trieste confermata dalla Corte di Cassazione.

Per giusta causa di licenziamento

si intende ogni evento o comportamento, messo in atto dal dipendente, idoneo ad incrinare il rapporto fiduciario intercorrente tra questi e il proprio datore di lavoro. Esso rimane tuttavia un termine giuridico volutamente generico, cui la legge lascia al giudice il compito di "riempire" di significato, attraverso l'interpretazione dei fatti che ne sono posti alla base. Questa operazione di sussunzione spetta nello specifico al giudice del merito, decisione che la Cassazione può sindacare soltanto sul piano del vizio di motivazione essendo questione strettamente attinente all'accertamento di fatto.

Nel caso di specie la corte territoriale aveva evidenziato che "il riscontro dello svolgimento dell'attività di lavoro da parte del dipendente, era intervenuto in orario serale, extra lavorativo, per di più al penultimo giorno di assenza per malattia". Inoltre la malattia del lavoratore, attestata da certificazione medica, non risultava smentita da alcun elemento contrario.

La Cassazione nel respingere il ricorso fa notare che "Il vizio di motivazione (…) può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico giuridico posto alla base della decisione". 

Questo l'unico modo per la Cassazione di sindacare la decisione del giudice del merito (c.d. sindacato estrinseco). Nel caso in oggetto il giudice del merito non ha ritenuto illegittimo che il dipendente prestasse altra attività lavorativa fuori dall'orario di lavoro, in malattia, senza che fosse dimostrato che tale attività avesse causato un aggravamento delle condizioni di salute. E la Suprema corte non può certo spingere il proprio sindacato circa elementi di fatto, peraltro correttamente motivati.


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