MEDIAevo n. 35 una rubrica di Paolo M. Storani - (PARTE TERZA) Philippe Brunel, a pag. 110 e seguenti del bel testo "Gli ultimi giorni di Marco Pantani", editore Rizzoli, 2008, tratteggia la figura del medico legale che ha effettuato l'autopsia sul grande campione di Sala di Cesenatico morto a Rimini, al civico numero 46 di Viale Regina Elena, al Residence Le Rose, il 14.2.2004. Ora la struttura, completamente rinnovata (e, quindi, inservibile per eventuali approfondimenti con moderne tecnologie investigative), si chiama Le Rose Suite Hotel.

Si tratta del Dott. Giuseppe Fortuni di Bologna, che anche a me è capitato più di una volta di incrociare nei molti anni della mia professione forense, sia in ambito civile, sia nel campo del diritto penale.

Brunel ricorda anche (pag. 272) che il dottor Fortuni "fu il solo, fra quelli che si occuparono del caso, a sottolineare le debolezze dell'indagine e la presenza di due contenitori di un fast-food asiatico ritrovati appoggiati sopra un cestino".

"Immerso nella penombra, il suo appartamento tappezzato di velluto è a sua immagine: raffinato.

A cinquantun anni, questo professore di deontologia è un 'barone', un personaggio importante della medicina legale, la sua reputazione poggia su una rete di rapporti sociali.

Trent'anni di pratica lo hanno messo a confronto con casi delicati: il mostro di Firenze, lo schianto di un aereo militare su una scuola di Casalecchio di Reno, l'attentato terroristico alla stazione di Bologna.

Ha visto 30.000 morti, mi dice, redatto i referti di 15.000 autopsie.

Dieci anni prima, per una curiosa coincidenza professionale, aveva praticato quella del brasiliano Ayrton Senna, icona dell'automobilismo sportivo, deceduto all'ospedale di Bologna la sera del Gran Premio di Imola.

Senna, personaggio solare, vittima in mondovisione di un guasto meccanico.

Pantani, campione dell'asfalto anche lui, superato dalla sua epoca, morto come un clandestino.

Tanto la morte di Senna era facile da spiegarsi, tanto quella di Pantani solleva problemi, anche se il medico legale, tenuto al segreto professionale, non lo ammetterà mai, per non sconfessare gli investigatori.

'Morire di cocaina inalandola è quasi impossibile' mi dice mentre si versa un caffè, 'è già successo con dei body packers, quando le capsule piene di cocaina si rompono dentro lo stomaco. Qui non lo so, non c'era nessuna traccia di puntura'. ...

Il disordine nella stanza lo lasciava perplesso.

'Il lavabo era divelto, lo specchio rotto, tutti i mobili rovesciati, il materasso tagliato in due, la lana estirpata via.

Aveva smontato tutto quello che si poteva smontare, aperto i condotti di plastica del condizionatore, secondo me è probabile che stesse cercando un microfono, credendo di essere spiato'.

Si era girato verso di me: 'lo sa che aveva chiamato la reception?'."

A pag. 273 Brunel evidenzia un'informazione inedita fornitagli inaspettatamente da Fortuni in occasione di un secondo incontro nell'arco di dieci mesi: "non c'era nulla di rotto nella sua camera".

Ma come, allora come si spiega la descrizione di un finimondo con mobiletti tirati fuori dal muro, materasso sventrato e svuotato della lana interna di cui si era parlato nel primo incontro con il consulente tecnico del PM Paolo Gengarelli?

A pag. 275 Brunel riferisce di avere consultato "due medici legali, due luminari, uno a Milano, l'altro a Parigi. Tutti e due sono concordi nel pensare che le 70 pagine del rapporto legale sono state redatte a regola d'arte, secondo i canoni del genere".

A pag. 278 Philippe Brunel pone in risalto che il medico legale "aveva peraltro trascurato tutta la parte genetica dell'autopsia.

Una ricerca di DNA sotto le unghie e sulle ecchimosi, così come un esame rettale, avrebbero consentito di sapere:

1) Se era entrato in contatto fisico con un aggressore;

2) Se aveva avuto dei rapporti sessuali prima della sua morte;

3) Se qualcuno gli aveva somministrato con la forza una supposta".

Cominciano così a sgretolarsi le certezze del PM che (cfr. pag. 264 del lavoro di Brunel) "si rifiutava di pensare che avessero potuto costringerlo a mangiare la droga o, come suggerivo io, mettergli in corpo a forza una supposta alla cocaina, ipotesi che Fortuni aveva giudicato plausibile".

FINE DELLA TERZA PUNTATA (continua domani).

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