di Licia AlbertazziCorte di Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. 17556 del 1 Agosto 2014. 

Il pozzo luce - denominato anche cavedio, chiostrino o vanella - se non diversamente stabilito a mezzo atto costitutivo del condominio o attraverso accordi specifici tra proprietario originario e successivi acquirenti, si presume di proprietà comune dello stabile. E' quanto ha confermato la Cassazione nella sentenza in oggetto, avallando il principio espresso dal giudice del merito secondo il quale "il cavedio (…) cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell'edificio comune, essendo destinato prevalentemente a dare aria e luce a locali secondari (quali ad esempio bagni, disimpegni, servizi) è sottoposto al medesimo regime giuridico del cortile, espressamente contemplato dall'art. 1117, n. 1, cod. civ., tra i beni comuni, salvo titolo contrario".

Il proprietario esclusivo dell'unità abitativa - non importa se si tratta dell'unico appartamento ad avere accesso diretto al pozzo luce - che rivendichi la proprietà

esclusiva del pozzo luce dovrà dimostrare idoneo "titolo contrario", non essendo sufficiente l'aver istallato opere entro detto perimetro (nella specie, una pilozza, uno scaldabagno e l'impianto di illuminazione) poiché lo stesso si presume di proprietà comune sino a prova contraria in quanto "l'utilità particolare che deriva da tali circostanze non è suscettibile di incidere sulla destinazione tipica e normale del bene, che è quella di dare aria e luce alle unità immobiliari di cui si compone l'edificio condominiale". In assenza di diversi accordi con il proprietario originario, il costruttore del bene, il giudice del merito ha correttamente rigettato la domanda.  


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