In un periodo di ferie per eccellenza, come quello estivo, arriva l'interessante pronuncia della sezione lavoro della Corte di Cassazione, n. 17177/2014, che ribadisce la tutela costituzionale del diritto del lavoratore alle ferie annuali, affermando il principio inderogabile secondo cui la maturazione di tale diritto "non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia", né lo stesso può essere disatteso dalla contrattazione collettiva o dall'art. 10 del d. lgs. n. 66/2003, il quale "nel confermare l'applicazione dell'art. 2019 c.c., autorizza i contratti collettivi soltanto a prevedere condizioni di miglior favore".

Chiamata ad intervenire in una vicenda inerente la diminuzione proporzionale del monte ferie nei confronti di un lavoratore in relazione ai periodi di malattia superiori a 180 giorni, la Suprema Corte ha confermato la sentenza d'appello che dichiarava illegittimo l'art. 10 del CCNL del 12 marzo 1980, condannando il datore di lavoro a restituire al dipendente i giorni di assenza per malattia.

Considerando, pertanto, inammissibile il ricorso della società appellante, la Corte ha precisato che "il diritto del lavoratore alle ferie annuali, tutelato dall'art. 36 Cost., è ricollegabile non solo ad una funzione di corrispettivo dell'attività lavorativa, ma altresì al soddisfacimento di esigenze psicologiche fondamentali del lavoratore, il quale - a prescindere dalla effettività della prestazione - mediante le ferie può partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale e può vedersi tutelato il proprio diritto alla salute nell'interesse dello stesso datore di lavoro; da ciò consegue che la maturazione di tale diritto non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e che la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie ex art. 2109, capoverso, cod. civ., trova un limite insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia". 


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