Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, sentenza 13 febbraio - 11 aprile 2014, n. 16059 

Condannato alla pena di un anno, quattro mesi e venti giorni di reclusione, l'uomo ritenuto colpevole del reato ascritto di omicidio colposo, commesso in violazione delle norme a tutela della circolazione stradale e di guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti, per aver nella specie, nel mentre era alla guida del suo motociclo, urtato un pedone che stava attraversando la strada. L'imputato stava superando sulla sinistra le macchine ferme in colonna, procedendo ad una velocità di circa 37 km/h, ritenuta non prudenziale in relazione alla manovra scorretta che stava compiendo. E, pertanto, sia il tribunale che la corte d'appello ritenevano la sua responsabilità in merito al fatto così addebitato.

In particolare la Corte d'Appello aveva ritenuto la responsabilità dell'uomo "per aver tenuto una velocità non in assoluto eccessiva, ma imprudente rispetto alla concreta situazione e cioè in relazione alla manovra che stava compiendo; egli infatti si era spostato sulla sinistra per effettuare il sorpasso dei veicoli incolonnati e in tale situazione gli competeva un dovere di maggiore attenzione e prudenza per evitare ogni eventuale pericolo che si potesse verificare, come nella specie avvenuto".

Proponeva pertanto ricorso per Cassazione la difesa dell'imputato contestando la responsabilità dello stesso in ordine ad entrambe le ipotesi di reato ascritte; ed in particolare, per quanto riguarda l'alterazione psicofisica, la presenza di cannabinoidi, - diceva -. è stata accertata soltanto attraverso l'esame delle urine, esame che può dimostrare soltanto la pregressa assunzione di sostanze stupefacenti e non la attualità del fatto che la persona si trovasse, al momento dell'incidente, sotto l'influenza dei cannabinoidi. Deve pertanto escludersi la responsabilità dell'imputato

sul punto. Parimenti deve escludersi la responsabilità del ricorrente per l'incidente cagionato in danno al pedone, dal momento che quest'ultimo era uscito all'improvviso dalla fila di auto incolonnate, con modalità tali da non essere visibile da parte dell'imputato, di modo che non era possibile alcuna manovra atta ad evitare l'investimento".

La pronuncia della Cassazione in breve.

 "Occorre rilevare che secondo la più attenta e recente giurisprudenza di questa Corte (sez. IV 23.9.2013 n.39160 Rv. 256830; sez. IV 11.6.2009 n. 41796 rv. 24553; sez. IV 11.8.2008 n. 33312 rv. 241901) "il reato di cui all'art. 187 c.d. strada è integrato dalla condotta di guida in stato d'alterazione psicofisica determinato dall'assunzione di sostanze e non già dalla mera condotta di guida tenuta dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti, sicché ai fini del giudizio di responsabilità, è necessario provare non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti ma che l'agente abbia guidato in stato d'alterazione causato da tale assunzione. Ai fini dell'accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia che altre circostanze provino la situazione di alterazione psico-fisica al momento del fatto contestato. Tale complessità probatoria si impone in quanto le tracce degli stupefacenti permangono nel tempo, sicché l'esame tecnico potrebbe avere un esito positivo in relazione ad un soggetto che ha assunto la sostanza giorni addietro e che, pertanto, non si trova al momento del fatto in stato di alterazione". "Deve dunque essere annullata sul punto la sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito che valuterà se sussistano altre circostanze, riferite dagli agenti o comunque desumibili dal comportamento dell'imputato, sulla cui base possa affermarsi che il medesimo fosse in stato di alterazione al momento dell'incidente".  

Quanto, invece, alla responsabilità per l'incidente, il ricorso non merita accoglimento. 

"Correttamente il giudice di primo grado ha rilevato, e la corte di appello ha confermato, che il conducente di un veicolo ha un generale dovere di attenzione nei confronti dei pedoni in prossimità di un semaforo, essendo sempre possibile che si verifichi l'attraversamento fuori del passaggio pedonale, comportamento che, se pure imprudente, non è eccezionale o assolutamente imprevedibile. Il motociclista, spostandosi sul lato sinistro della carreggiata per sorpassare i veicoli incolonnati creava a sua volta una situazione di pericolo nella circolazione e doveva dunque prestare la massima attenzione e rallentare in modo da essere sempre in condizione di arrestare il proprio veicolo, anche a fronte di una possibile situazione di emergenza, in effetti verificatasi a seguito della condotta del pedone, ed in tal senso la velocità da lui tenuta se pure inferiore al limite consentito, risultava non prudenziale. La motivazione è corretta: la misura della diligenza che si pretende nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di controbilanciare la intrinseca pericolosità della specifica attività considerata, peraltro assolutamente indispensabile alla vita sociale e sempre più in espansione, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte anche l'obbligo di preoccuparsi della possibile irregolarità di comportamento di terze persone. Il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio, già sopra richiamato, secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilità. Non censurabile dunque è il ritenuto concorso di colpa". 

Testo sentenza Cassazione 16059/2014
Dott.ssa Sabrina Caporale - sabrinacaporale87@gmail.com - tel. 329/3837427
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