di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 27640 dell'11 Dicembre 2013.

Il condominio deve sgomberare opere di interesse comune dai locali che risultano essere di proprietà esclusiva del singolo condomino. A maggior ragione se i luoghi interessati sono stati frazionati dal proprietario originario e venduti singolarmente a diversi acquirenti. Nella specie è stato acquistato un locale condominiale adibito a cantina - originariamente progettato per ospitare un impianto refrigerante, poi mai installato - entro la quale il condominio aveva indebitamente posizionato una scala in muratura e alcuni interruttori utili all'illuminazione di altri locali e all'apertura del cancello automatico condominiale.

L'amministratore aveva poi intimato l'acquirente di consentire l'accesso al locale agli altri condomini, appunto per utilizzare la scala ivi posta. Il proprietario chiedeva al giudice di accertare che il proprio diritto non fosse gravato da alcun onere e contestualmente di condannare il condominio alla messa in pristino della cantina. Si costituiva in primo grado il condominio contestando la pretesa attorea sulla base del fatto che, da regolamento condominiale, tale locale fosse espressamente destinato all'uso comune. La domanda del privato viene accolta in primo grado, e il gravame è rigettato nel secondo. Il condominio propone dunque ricorso per Cassazione.

Si noti come la Cassazione fornisca una definizione di locale comune: "un bene deve ritenersi di proprietà comune allorchè sia idoneo, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, a soddisfare esigenze comuni". Tale circostanza va verificata dal giudice del merito caso per caso. E così è stato fatto, basandosi la motivazione della sentenza impugnata sulla circostanza che le opere effettuate dal condominio in questo locale non avevano alcuna utilità pratica diretta, essendo il condominio dotato di impianto di riscaldamento e refrigerazione centralizzato posto in altro locale.

Sarebbe dunque irrilevante l'originaria destinazione del locale, posto che, di fatto, non sussisteva alcuna necessità - dettata dall'assenza di altre modalità di accesso ai locali adiacenti - di utilizzo della scala in muratura, costituendo essa soltanto "una comodità" per gli altri condomini. Conclude la Suprema Corte rigettando le doglianze del condominio, non essendo ravvisabile in alcun modo, in concreto, la destinazione comune del locale oggetto di controversia.


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