di Licia  Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione prima, sentenza n. 26424 del 26 Novembre 2013. Cessata la convivenza di una coppia di fatto, una delle parti ha richiesto giudizialmente la restituzione della metà delle somme versate a titolo di acquisto della casa familiare,. La casa, per ragioni fiscali, era stata intestata a uno dei conviventi ma era stata pagata, per la maggior parte, dall'altro. Il pagamento del prezzo era avvenuto a mezzo di un conto corrente bancario cointestato

I partner chiamato in giudizio si difendeva sostenendo che le somme pagate dal convivente dovevano considerarsi come somme date spontaneamente e che pertanto, secondo quanto dispone l'art. 2034 del codice civile, non se ne sarebbe potuta richiedere la restituzione.

Il giudice di primo grado, pur rigettando la richiesta di equiparazione tra la situazione dei conviventi di fatto a quella di una coppia "regolare", accertava la sussistenza di una convivenza "more uxorio

" ma riteneva non ripetibili le somme richieste, le quali ben avrebbero dovuto essere domandate entro l'azione generale di indebito arricchimento ex art. 2041 codice civile. La Corte d'Appello, in parziale riforma di detta sentenza, condannava invece la convenuta alla rifusione di una parte di quanto richiesto. 

Il caso finiva quindi dinanzi alla Cassazione.

La Suprema Corte, convalidava la decisione della corte d'appello non ravvisando alcun difetto di motivazione del giudice del merito circa l'accertamento dell'effettivo squilibrio contributivo a favore della famiglia posto a carico del resistente.

Nella sentenza gli Ermellini, hanno anche chiarito che "la cointestazione di un conto corrente, attribuendo agli intestatari la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto (articolo 1854 Cc) sia nei confronti dei terzi sia nei rapporti interni, fa presumere la co-titolarità dell'oggetto del contratto, salvo la prova contraria a carico della parte che deduce una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa"

Nel caso in oggetto il resistente, nel merito, aveva provato fosse sua la titolarità effettiva del conto, avendo prodotto una serie incontestata di elementi oggettivamente riscontrabili. 


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