Anche il lavoro 'in nero' della ex riduce l'assegno di mantenimento. Basta che sia dimostrata la 'concreta' e 'reale capacita' lavorativa'. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha ridotto gli alimenti ad un ex moglie romana, Mariarita D. A., commessa in un negozio di abbigliamento senza un regolare contratto di lavoro. Per la Suprema Corte, la circostanza che la consorte ha comunque un'attivita' lavorativa 'non puo' venire trascurata nella determinazione del diritto al mantenimento da parte del marito'. Anche se lei lavora 'in nero'. Mariarita D. A. e Pierluigi L, professore universitario, si erano separati nel '97 quando il Tribunale di Roma aveva disposto che la moglie venisse mantenuta dall'ex consorte con un assegno di 500 euro mensili (le era stata assegnata anche la casa coniugale). A pesare sulla decisione del giudice, la testimonianza del titolare del negozio di via del Corso dove lavorava Mariarita che aveva ammesso che la donna 'lavorava senza contratto' e che di tanto in tanto la ricompensava 'con qualche vestito in regalo'. A capovolgere la situazione, la protesta dell'ex marito alla Corte d'appello di Roma che, nel 2001, riduceva l'assegno all'ex portandolo a 350 euro mensili.

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