Con sentenza del 19 settembre 2013 il Tribunale di Pesaro, nella persona del Giudice Dott.ssa Fazzini, riporta in prima linea la questione della nullità del contratto quadro sottoscritto da una sola parte contrattuale, nello specifico il cliente. Nel caso in sentenza la banca convenuta poneva a propria difesa l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la produzione in giudizio del contratto quadro, ancorché non sottoscritto, ad opera della parte non firmataria ne determina il perfezionamento. 

Nell'operare in siffatta maniera l'istituto di credito in questione dimenticava il "dettaglio" annesso alla richiamata visione giurisprudenziale secondo il quale il perfezionamento del contratto non può avvenire nel caso in cui l'altra parte contrattuale abbia nel mentre revocato in consenso. Il Tribunale di Pesaro pertanto, dato atto della revoca del consenso operata dal cliente firmatario chiaramente espressa con la citazione in giudizio della banca al fine di ottenere pronuncia di nullità del contratto quadro in ragione della mancata sottoscrizione ex art. 23 T.U.F. accoglieva le richieste di parte attrice. Se da un lato questa pronuncia rappresenta una conferma dei più recenti orientamenti in materia dall'altro apre uno spunto riflessivo piuttosto interessante ove specifica che "nessuna delle due parti ha prodotto il documento contrattuale recante la sottoscrizione del legale rappresentante della banca "ponendo così l'attenzione al soggetto con potere di firma tale da rappresentare la volontà ovvero il consenso della banca.

 Una simile precisazione porterebbe pertanto ad escludere dal novero dei soggetti abilitati a rappresentare e manifestare la volontà di un istituto di credito ovvero a rappresentarne volontà e consenso il promotore finanziario come pure il funzionario od un generico dipendente della banca. Parrebbe pertanto che, l'unico soggetto legittimato a manifestare la volontà contrattuale della banca sia il suo legale rappresentante o soggetto dallo stesso all'uopo autorizzato e delegato. Diversamente il contratto quadro mancherebbe di un requisito fondamentale quale l'accordo delle parti, non desumibile e non provabile in altro modo se non mediante forma scritta in ossequio al disposto ex art. 23 T.U.F. 

Ciò riporta alla struttura del contratto

e più specificamente alla concorde volontà delle parti, necessaria per costituire, regolare od estingue un rapporto patrimoniale con la conseguenza che il contratto vincola esclusivamente chi ha partecipato all'accordo esprimendo il proprio consenso, personalmente od a mezzo di procuratore o legale rappresentante: se ciò non avviene, chiunque sottoscrive in nome proprio un contratto diviene titolare di diritti ed obblighi da esso nascenti.

Posto che in assenza di accordo delle parti il contratto è nullo ex art. 1418 c.c., è opportuno verificare ai fini della conclusione di un contratto quadro e sua conservazione quale sia il soggetto atto a rappresentare il consenso e la volontà della banca ovvero a sottoscrivere per suo nome e conto.

La sentenza emessa dal Tribunale di Pesaro sembra così propensa ad individuare esclusivamente nella figura del legale rappresentante della banca il soggetto idoneo ad esprimere volontà e consenso contrattuale e nel farlo apre una via di fuga: consenso e volontà contrattuale della banca possono essere dimostrati anche attraverso la produzione di documenti e scritture diversi dal contratto quadro, purché debitamente sottoscritti da un legale rappresentante. 

Vedi allegato
Autore: Silvia Tommasin - Abogada - Avvocato Stabilito
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