"L'adempimento dell'obbligo di tutela dell'integrità fisica del lavoratore imposto dall'art. 2087 codice civile è un obbligo di prevenzione che impone al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo d'attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per proteggere il lavoratore dai rischi connessi tanto all'impiego d'attrezzi e macchinari quanto all'ambiente di lavoro, e deve essere verificato, nel caso di malattia derivante dall'attività lavorativa svolta, esaminando le misure in concreto adottate dal datore di lavoro per prevenire l'insorgere della patologia".

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione che, con sentenza n. 14468 del 7 giugno 2013, ha precisato che sussiste l'obbligo risarcitorio a carico del datore di lavoro per il danno non patrimoniale subito dalla dipendente per una patologia cagionata dal malfunzionamento di apparecchi utilizzati per servizio.
Il caso preso in esame dalla Suprema Corte ha come protagonista la dipendente di un'Ospedale che aveva svolto, per oltre un ventennio, mansioni di tecnico e poi di capotecnico del reparto di radiologia alla quale era stato rilevato un carcinoma mammario; con sentenza il Tribunale aveva accertato la natura professionale della patologia, ritenendo sussistente il nesso di causalità tra l'attività di lavoro e la malattia contratta, con accertamento di una riduzione della capacità lavorativa del 100%, con conseguente diritto a rendita; la sentenza, accertativa della natura professionale della malattia, costituiva elemento di sicura rilevanza nella valutazione della rapportabilità dell'evento patologico alla attività di lavoro.

La Corte d'Appello ha correttamente sottolineato che, in merito alla specifica responsabilità datoriale, doveva rilevarsi che la pregressa patologia di radiotermite, riscontrata nella lavoratrice, con data certa, messa in corrispondenza con il cattivo funzionamento dei macchinari in uso presso il reparto di radiologia (in atti lettere, risalenti al 1989, 1990, 1992-93, a firma dei primari del reparto, di segnalazione di guasti e di emissione eccessiva di radiazioni da parte dei macchinari), era indice di sicura conoscenza o, quantomeno, di facile conoscibilità di una situazione a rischio, che il datore di lavoro aveva l'onere di prevedere e garantire da possibili conseguenze negative.
Al contempo la Corte territoriale ha evidenziato come il datore di lavoro sia tenuto ad individuare tutte le situazioni di specifico rischio, anche al di là dell'osservanza delle singole misure dettate da legislazioni speciali, siccome non sempre sufficienti a regolare il caso concreto.

Non appare condivisibile - affermano i giudici di legittimità - l'assunto secondo cui il dedotto rispetto della normativa specifica di cui al DPR n. 185/64 e del DM 6-6-1968 (in vigore all'epoca dei fatti) escluderebbe la possibilità di configurare una responsabilità colposa del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c..
Il datore di lavoro, dunque, come correttamente affermato dal giudice di merito, "deve provare di aver fornito ed adottato tutte le misure necessarie a garantire il prestatore di lavoro, con ciò intendendosi non soltanto le misure direttamente previste da eventuali disposizioni vigenti nella materia, ma anche le misure che, in concreto, la fattispecie presenti come necessarie, e siano, al contempo, nella disponibilità (considerata in astratto), di conoscenze, di tecniche e di esperienza del datore di lavoro e della categoria imprenditoriale a cui lo stesso appartiene; quindi il datore di lavoro ha l'obbligo di adottare tutte le misure che, in campo scientifico, tecnico e di comune esperienza siano utili a prevenire ed evitare rischi legati a quella prestazione di lavoro, ovvero a sue specifiche modalità attuative."
Nel caso di specie l'Ospedale non aveva fornito alcuna prova nel senso suddetto.


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