di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione sesta, sentenza n. 11514 del 14 Maggio 2013. In tema di risarcimento del danno non patrimoniale da circolazione stradale non è più ammissibile il ristoro del c.d. "danno morale puro" o "sofferenza d'animo". Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza

in oggetto, pronunciandosi decisamente a favore dell'interpretazione unitaria dell'art. 2059 cod. civ. La Corte segnala che ciò che in passato era ammesso, per effetto del combinato disposto degli articoli 2059 cod. civ. e 185 cod. pen. (rilevanza del risarcimento del danno sul piano civile), non è riscontrabile sul piano del risarcimento stradale.

"Il danno non patrimoniale è categoria unica connotato in senso descrittivo da singole voci risarcitorie che ne garantiscono l'integrale soddisfazione ma non devono condurre ad un'inammissibile duplicazione di poste in cui il danno medesimo si sostanzia", così discostandosi dalla teoria pluralistica che in dottrina evidenzierebbe l'esistenza di tre distinte categorie di danno, al contrario di ciò che è possibile dedurre interpretando l'art. cod. delle ass.ni private, molto chiaro. "Pertanto (…) è risarcibile la sofferenza causata dal peggioramento della qualità della vita, dal non poter più svolgere quelle attività realizzatrici della persona umana che precedentemente erano consentite al soggetto.

(…) Per effetto di tale ricostruzione, non trova più spazio la risarcibilità del c.d. danno morale puro o sofferenza d'animo".

 

Inoltre, per quanto riguarda le spese vive chieste dal danneggiato, sono risarcibili soltanto gli esborsi medici documentati e direttamente riconducibili all'incidente e non le eventuali consulenze sanitarie specialistiche richieste in corso di causa; esse non sono considerate necessarie ma frutto di una libera scelta della parte.

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