Quando i coniugi hanno pattuito il pagamento di un assegno periodico che non deve cessare alla morte dell'onerato sussistono i requisiti della "previa titolarità dell'assegno di cui all'art. 5 della l. 898/1970, per l'accesso alla pensione di reversibilità o, in concorso con il superstite, alla sua ripartizione". Lo ha stabilito la prima sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza n. 13108/2010) occupandosi del caso di un coniuge divorziato che aveva stipulato con l'ex marito un accordo in base al quale avrebbe dovuto appunto ricevere (oltre all'attribuzione di un usufrutto), un assegno mensile per la durata di 12 anni. L'uomo aveva anche contratto
nuove nozze ma la prima moglie non si era mai risposata. Tale accordo, secondo la Cassazione era "idoneo a creare la titolarita dell'assegno ai fini e per gli effetti di cui al richiamato art. 9 comma 2 della legge n. 898 del 1970 ed era incontestabilmente valido, alla stregua del principio della riconduzione ad assegno divorzile di tutte le attribuzioni operate in sede od a seguito di scioglimento del vincolo coniugale, e sottoposte alla verifica del Tribunale, dalle quali il beneficiario ritrae utilità espressive della natura solidaristica assistenziale dell'istituto, utilità sia consistenti in una attribuzione una tantum sia in erogazione periodica ed in tal caso anche se eccedenti la durata della vita dell'obbligato".

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