Inevitabile l'affermazione di responsabilità che coinvolge naturalmente anche la struttura sanitaria

Colpevole per non essersi accorta di una grave malattia genetica in una neonata, una ginecologa è stata ritenuta responsabile insieme alla struttura sanitaria per l'errore diagnostico. 

La drammatica vicenda che vede coinvolta una famiglia costretta ora a condividere un dramma di non poco conto con la propria bambina è stata affrontata dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 6440 depositata oggi).

La grave patologia è tale da arrestare la crescita e ridurre le aspettative di vita della piccola.


Inevitabile l'affermazione di responsabilità che coinvolge naturalmente anche la struttura sanitaria.

In primo grado il tribunale di Genova aveva respinto le richieste risarcitoria dei genitori di una bambina affetta di una grave malattia ereditaria che resta la crescita e riduce le aspettative di vita.

La domanda era stata proposta nei confronti della ginecologa e della struttura sanitaria.

Secondo il tribunale ligure nel caso di specie sarebbe mancata la prova del nesso di causalità tra l'errata diagnosi e l'evento dato che il tempo utile per esercitare il diritto di interrompere la gravidanza era ormai decorso.


La corte d'appello accoglieva i gravami dei genitori condannandola ginecologa e la struttura sanitaria risarcimento dei danni 


Il caso finiva dunque in cassazione dove Gli ermellini hanno convalidato la decisione dei giudici di merito


Nel ricorso veniva dedotto un presunto errore nell'applicazione delle norme della causalità penale e degli articoli artt.1226,1227,1294 c.c. per la mancata rilevanza del concorso di cause nella determinazione del danno, e quindi anche il vizio della motivazione in tema di concorso di caso fortuito o naturale e causa umana, e per avere identificato un fattore umano con un fattore naturale. 



"Le censure formulate nei motivi sintetizzati non non colgono le chiare argomentazioni svolte dal giudice di appello che utilizza le informazioni e gli accertamenti peritali, rilevando due punti decisivi ai fini dello accertamento delle responsabilità da inadempimento

della prestazione medica di garanzia, come si legge a pag 25 e seguenti della ampia motivazione. Il primo punto attiene all'errore diagnostico compiuto in sede di analisi microscopica attraverso la separazione, con operazione manuale,delle cellule fetali da quelle materne, con la necessità di un successivo controllo microscopico. Il secondo punto attiene al fatto che la villocentesi, raccomandata con il referto del ... è stata praticata alla ..... in data ...., mentre l'esito dell'esame del laboratorio venne comunicato solo il ..... ossia un mese dopo la esecuzione del prelievo, allorquando la gestante aveva superato il novantesimo giorno di gravidanza, con conseguente lesione in capo della madre del diritto di autodeterminazione in ordine alla decisione di interrompere la gravidanza, diritto che attiene anche al cd  consenso informato, che viene ad essere invece ulteriormente inadempiuto. La causalità deterministica di cui si discute, attiene dunque ad un doppio inadempimento consequenziale alla prestazione di garanzia per la salute della madre e del nascituro, e la responsabilità e la determinazione del danno biologico risarcibile, non può essere inficiata o ridotta dalla cd.teoria del danno differenziale, in quanto la invalidità permanente attuale riguarda un soggetto già geneticamente neonato. Tale preesistenza aggrava gli effetti dello inadempimento, proprio perché tale soggetto, incolpevole, non concorre alla produzione dello evento di danno, anzi la sua permanente invalidazione determina nel tempo sofferenze gravissime e progressive, al punto che solo la mancata ulteriore impugnazione delle parti lese preclude a questa Corte di considerare la ulteriore integrazione del ristoro integrale. Resta pertanto ferma, e correttamente motivata, la determinazione della misura dei danni compiuta dal giudici sulla base del 30 per cento della invalidità permanente, e la commisurazione del danno in base alle tabelle milanesi, con il calcolo degli interessi e della rivalutazione. Nel quinto motivo motivo, cumulativo, la inammissibilità deriva dal cumulo delle censure, tra di loro indistricabili, che non consentono alla Corte di legittimità di scinderle e di specificarle, non essendo consentito alla Corte, per la sua funzione di giudice imparziale, di integrare i motivi del ricorrente. 


Al rigetto dei predetti motivi per infondatezza e degli altri per inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti in solido alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo". 



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