Approvato nella seduta del 31 gennaio 2014 in via definitiva dal Consiglio Nazionale Forense e presentato ufficialmente il 19 febbraio scorso, il nuovo Codice Deontologico Forense, è entrato in vigore 60 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Frutto del lavoro della commissione deontologica e dell'accoglimento delle osservazioni giunte dalle varie componenti dell'Avvocatura, il nuovo Codice si presenta in una veste più moderna ed aggiornata con l'obiettivo di porre al centro delle sue previsioni il cittadino perseguendo l'interesse pubblico al corretto esercizio della professione.


Già ad un rapido esame, l'impianto del codice evidenzia numerose e rilevanti modifiche rispetto alla precedente versione del 1997, soprattutto in ordine al valore che la nuova legge sull'ordinamento professionale (l. n. 247/2012) attribuisce alle norme deontologiche. Rispetto al passato, la legge riconosce, infatti, alle disposizioni del codice emanate dal CNF un valore immediatamente vincolante, in virtù della rinnovata potestà sanzionatoria in capo all'organo giurisdizionale speciale, individuando chiaramente tra i compiti ad esso attribuiti (art. 35, comma 1, lett. d)), quello di emanare e aggiornare periodicamente il codice e disponendo che l'avvocato, nell'esercizio della sua professione è soggetto alle regole deontologiche (art. 2, comma 4) ed è tenuto a uniformarsi ai principi e alle norme di comportamento contenute nel codice, nei rapporti con il cliente, con la controparte e con gli altri professionisti (art. 3, comma 3), con lo scopo ultimo di perseguire l'interesse collettivo ad uno svolgimento corretto della professione.

È questa l'impronta che caratterizza, perciò, tutto l'impianto del nuovo testo, articolato in 73 articoli raccolti in sette titoli.
Tra le novità spiccano quelle relative al titolo dedicato ai "Rapporti con il cliente e con la parte assistita" (anticipato al titolo II prima della sezione relativa ai "Rapporti con i colleghi") che assume una posizione primaria sul versante della nascita del rapporto professionale, del conflitto di interessi e dei più pregnanti doveri di informazione previsti nei confronti del cliente (art. 27), stabilendo, altresì, il divieto di accaparramento della clientela e le relative sanzioni (art. 37), nonché la libertà nella pattuizione dei compensi (art. 25).

Degna di nota è anche l'introduzione del titolo IV dedicato ai "Doveri dell'avvocato nel processo" che comprende tutte le norme relative alla funzione difensiva e prevede il diritto all'ascolto del minore, nonché del titolo VI che disciplina i "Rapporti con le istituzioni forensi" sancendo l'importanza del dovere di collaborazione (art. 71) e prevedendo pesanti sanzioni per le eventuali scorrettezze in sede di esami di abilitazione (art. 72).

Ma sicuramente le novità di maggiore rilievo sono contenute nel titolo I dedicato ai "Principi Generali" che, oltre ad individuare i doveri specifici ai quali l'attività dell'avvocato deve uniformarsi (probità, dignità, decoro, indipendenza, fedeltà, diligenza, ecc. ),introduce la tipizzazione degli illeciti disciplinari e l'espressa indicazione delle sanzioni applicabili (dall'avvertimento, alla censura, alla sospensione sino alla radiazione dall'albo nei casi più gravi) nelle ipotesi di violazione dei suddetti doveri (art. 22), secondo il principio nulla poena sine lege, con meccanismi di aggravamento e attenuazione in relazione alla gravità del fatto contestato, in ossequio alle previsioni della l. n. 247/2012.

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