Chi gestisce un locale pubblico benché accreditato ad offrire scommesse via Internet, non può scommettere al posto del cliente. È quanto stabilisce la terza sezione penale della Corte di Cassazione secondo cui l' esercente può solo mettere a disposizione il computer e gli apparecchi ricevuti dal bookmaker ma non può scegliere nè la partita nè la gara. E non può neppure cercare quote per contro il cliente e segnalarne le oscillazioni. Chi trasgredisce quelle regole, spiega la Corte, commette reato perché si va a configurare "una vera e propria attivita' organizzata sotto forma di agenzia, come tale vietata".
La decisione arriva dopo un sequestro preventivo (disposto sia dal gip sia dal tribunale del riesame) sui computer di un bar in cui il gestore svolgeva abusivamente un'attività organizzata che consisteva nella accettazione e raccolta via telematica "di scommesse su eventi sportivi accettate per conto di un concessionario Aams, senza pero' essere munita delle necessarie autorizzazioni di polizia".
La Corte ricorda che in Italia per esercitare scommesse sportive è necessaria la concessione dei monopoli di Stato ed occorre anche la licenza di pubblica sicurezza rilasciata alla questura. Nella fattispecie il barista aveva solo un'autorizzazione dei monopoli di Stato per vendere le ricariche dei conti on-line per le scommesse sportive e quindi, secondo la Corte la sua attività avrebbe dovuto limitarsi alla messa a disposizione 'diretta' del collegamento ai giocatori. Insomma deve essere lo scommettitore a utilizzare personalmente l'apparato telematico.

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