La Cassazione precisa che in sede di revisione il giudice valuta le circostanze sopravvenute e la misura in cui abbiano alterato l'equilibrio tra le parti

di Lucia Izzo - Nel revisionare l'assegno divorzile, il giudice deve valutare se vi siano state delle modifiche delle condizioni economiche dei coniugi idonee a mutare l'assetto patrimoniale pregresso realizzatosi con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno.


Ancora, il giudice, lungi dal procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o dell'entità dell'assegno, dovrà limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute e provate dalle parti abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e adeguare poi l'importo o l'obbligo stesso di contribuzione alla nuova situazione patrimoniale e reddituale accertata.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nella sentenza n. 787/2017 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di un uomo che aveva chiesto modificarsi le condizioni del divorzio in quanto affetto da una patologia invalidante incorsa successivamente e che lo aveva costretto a cessare l'attività professionale forense. 


Nonostante l'ottenuta diminuzione dell'assegno di mantenimento dell'ex coniuge, la Corte d'Appello non aveva ritenuto doversi automaticamente concludere per la eliminazione dell'assegno divorzile. In Cassazione l'uomo denuncia la mancata valutazione di una serie di circostanze dedotte, ad esempio in ordine alla misura della pensione effettivamente percepita, alla perdita del reddito da incarico assessorile in epoca successiva al divorzio, nonchè la mancata stima del patrimonio immobiliare del ricorrente che i giudici di merito avevano ritenuto cospicuo. Ancora, l'uomo lamenta la mancata valutazione degli obblighi di mantenimento del secondo figlio minore e l'erronea valutazione degli oneri necessari per l'assistenza di un badante.


Le doglianze attoree convincono la Corte che rileva come il provvedimento impugnato, pur riconoscendo l'esistenza di alcune sopravvenienze rispetto all'assetto posto a base della sentenza di divorzio, non le ha poi valutate, anche con riferimento al principio di causalità, rispetto al quadro delle reciproche situazioni patrimonial-reddituali pregresse.


La Corte territoriale ha proceduto a una nuova complessiva valutazione dell'intera posizione economica di ciascuna parte, riformulando un'integrale valutazione delle rispettive sostanze, senza però accertare con la necessaria precisione (ma effettuando una sorta di "sintesi globale condotta in via equitativa") le poste positive o negative sopravvenute per la parte che quelle variazioni hanno causato alle rispettive consistenze economico-reddituali.


Infatti, da un lato il giudice distrettuale ha discusso del potenziale di redditività del patrimonio immobiliare, senza che questo fosse neppure esattamente commisurato e del quale si ignorano le componenti, dall'altro, si è neutralizzato la spesa per il badante assunto dall'odierno ricorrente in conseguenza della sua malattia e si è misconosciuto l'onere per il mantenimento di un figlio successivamente adottato.


Per il Collegio, dunque, la parola passa al giudice del rinvio il quale dovrà attenersi al principio di diritto secondo il quale "il provvedimento di revisione dell'assegno divorzile, previsto dall'art. 9 della legge n. 898 del 1970, postula non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la idoneità di tale modifica a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti".


Ancora, "in particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se e in che misura le circostanze sopravvenute delle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimonial-reddituale accertata".

Cass., I sez. civ., sent. n. 787/2017

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