Non basta la propria scienza personale per condannare i sanitari, è necessario riconvocare il perito in contraddittorio o disporre nuovo esame sul punto

di Lucia Izzo - Il giudice non può emettere la sentenza di condanna per responsabilità medica sulla base di testi di istruzione professionale utilizzati al di fuori del contraddittorio tra le parti, affermando cose che nessuno, tra i consulenti tecnici e i periti occupatisi del caso, aveva mai prospettato. 


Se il giudice non vuole adagiarsi su conclusioni peritali che non lo convincono, non può disattenderle sulla base di una propria scienza personale derivante da testi destinati ad un indifferenziato pubblico oppure specialistico, ma deve convocare il perito in contraddittorio tra le parti o disporre nuova perizia sul punto.
In caso contrario farà illegittimamente utilizzo di prove non acquisite al fascicolo per il dibattimento nel fondare la sua decisione.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, IV sezione penale, nella sentenza 11631/2016 (qui sotto allegata) che ha offerto una lettura dettagliata sul ruolo del giudice nelle vesti di "peritus peritorum".


Dinnanzi ai giudici ricorrono una  ginecologa e un'ostetrica, che il Tribunale e la Corte d'Appello hanno ritenuto responsabili della morte di un nascituro per asfissia, grave complicanza della interruzione della progressione del feto nel canale del parto provocata da distocia alle spalle.


Per i giudici di merito le due sanitarie non erano preparate ad affrontare l'evento e non si erano attivate tempestivamente alle prime avvisaglie dell'interruzione della progressione del feto nel canale del parto. L'ostetrica, inoltre, era responsabile per non aver fatto intervenire tempestivamente la ginecologa quando vi erano stati segnali importanti di rischio.


Le parti evidenziano che già il Tribunale aveva fatto uso, ai fini della decisione, di alcuni testi di formazione professionale per ginecologi ed ostetrici non acquisiti in contraddittorio tra le parti affermando, sulla scorta degli stessi, essersi verificata una distocia di spalle che nessuno tra i consulenti e i periti nominati aveva prospettato.


Censure che per la Corte di Cassazione risultano fondate: sbagliata anche la lettura della Corte d'Appello che ha ritenuto, con particolare riferimento a testi scientifici, che il ricorso agli stressi rappresentasse un potere-dovere del giudice che ritiene di discostarsi dalle conclusioni dei periti.


Gli Ermellini chiariscono che il giudice, libero di valutare tutti gli atti processuali e, quindi, anche gli esiti di una perizia, non può, perché peritus peritorum, disattendere una serie di concordi conclusioni provenienti da plurime fonti qualificate, sulla base della propria scienza personale, perché diversamente significherebbe sminuire e porre nel nulla la competenza altrui frutto di anni di studi specialisti.


Laddove il giudice dubiti delle conclusioni del perito ha due strade: a) convocarlo e, nel contraddittorio delle parti, porre tutte le domande finalizzate a dissipare i dubbi derivanti dalla perizia; b) ove tale strada non lo soddisfi, nominare un altro perito al quale, dopo aver evidenziato i punti critici e le parti non convincenti della prima perizia, sottoporre tutti i dubbi.


Il giudice ha utilizzato, per sostenere il giudizio di definibilità (e quindi di prevedibilità) del parto come distocico, ovvero con fattori predisponenti alla distocia di spalle, testi scientifici e universitari, attraverso i quali sono state gettate la basi di uno dei pilastri della decisione 

Nessuno tra i diversi e numerosi esperti sentiti nel giudizio aveva, tuttavia, parlato di gravidanza a rischio di parto distocico, al che emerge sul punto la decisività del ricorso ai manuali.

La sentenza va pertanto cassata anche agli effetti civili e rinviata per un nuovo esame alla Corte d'Appello.

Cass., IV sez. penale, sent. 11631/2016

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