La donna eserciterà sul figlio unilateralmente la responsabilità genitoriale. Al padre solo il 'potere dovere' di vigilanza

di Lucia Izzo - Il figlio va in affido "superesclusivo" al genitore convivente se l'altro ostacola il suo percorso di crescita.

Giungono a questa conclusione i giudici del Tribunale di Milano, che con decreto del 10 dicembre 2015 accolgono le richieste di una madre relative all'affidamento del figlio.

La donna evidenzia come l'ex compagno abbia assunto da sempre una posizione marginale nel rapporto col figlio, ormai quasi adolescente, rappresentando una figura distante e poco presente.

Una situazione che rende ancor più difficile prendersi cura del ragazzo, viste le mutate esigenze di vita del giovane e gli ostacoli nel poter acquisire, ove necessario, il preventivo consenso paterno.

Evidenze che convincono il Tribunale meneghino che decide per l'affido monogenitoriale: i giudici rilevano che il ragazzo ha da sempre convissuto con la madre, con rapporti sempre più deboli e oramai assenti per quanto riguarda il padre, scomparso dalla vita del figlio per propria volontà.

Affido congiunto da scartare dunque, poiché il genitore non risulta "in condizione di cogliere, conoscere e valutare le plurime esigenze di vita del minore e, quindi, di esprimere al riguardo una scelta conforme al di lui preminente interesse".

Ad ulteriore conferma di tale assunto risulta essere la circostanza che il padre ha scelto di non costituirsi in giudizio per difendere le proprie ragioni.

Invece la madre, unico genitore attivo, si è da sempre presa cura del figlio, ed è in grado di garantirgli una tutela adeguata anche visto il suo lavoro stabile e i cospicui redditi.

La situazione in atti spinge dunque i giudici ad attribuire al genitore affidatario "ogni potere decisionale nell'interesse e a tutela del minore, secondo il modello individuato dal legislatore attraverso la previsione all'articolo 337-quater, comma 3, del Codice civile (affido superesclusivo), fermo restando in capo al padre il solo potere/dovere di vigilanza".

L'affido superesclusivo, infatti, si palesa l'unico strumento per realizzare una sollecita e compiuta adozione delle decisioni funzionali alla crescita e all'assistenza del minore.

Alla donna spetteranno, quindi, unilateralmente anche le decisioni di maggiore importanza relative al figlio, mentre residuerà in capo al padre solo il potere-dovere di vigilanza, con possibilità di vedere e tenere con se il ragazzo dietro richiesta e previo accordo diretto con la madre affidataria, compatibilmente con le esigenze scolastiche, culturali ed educative del figlio.


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