Nota a Tribunale di Siena, sent. 4 maggio 2015

Avv. Paolo Accoti - Dal dettato dell'art. 68 disp. att. c.c., sia nella precedente, che nella nuova formulazione disposta dalla legge di riforma del condominio (L. 220/2012), si desume che le tabelle millesimali rappresentano il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare che, appunto, viene espresso in millesimi.

In soldoni, le stesse fungono da criterio di ripartizione delle spese condominiali, suddivise in relazione ai rispettivi millesimi di proprietà.

Nel corso degli anni la giurisprudenza, soprattutto quella di merito, sostenuta anche da un risalente orientamento della Suprema Corte, ha ritenuto che per l'approvazione e la revisione delle stesse fosse necessario il consenso di tutti i condòmini, pertanto, l'unanimità degli aventi diritto.

Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione le quali, con la storica sentenza n. 18477, del 9 agosto 2010, hanno disatteso il predetto orientamento, affermando che sia l'approvazione che la revisione delle tabelle millesimali, siccome atti non aventi natura negoziale non abbisognano del consenso unanime dei condomini, bensì della sola maggioranza qualificata di cui all'art. 1136 II c.c.

Ciò essenzialmente perché, le stesse non incidono sul diritto di proprietà di ciascun condomino, ma si limitano ad accertare il valore di tali unità rispetto all'intero edificio, e tanto ai soli fini delle spese di gestione.

Le tabelle millesimali, pertanto, quando si limitano a consacrare i criteri legali per la ripartizione delle spese e non derogano espressamente ai criteri stabiliti dalla legge, possono essere adottate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio; peraltro l'accettazione può avvenire anche per facta conclundentia, desumibile dall'approvazione delle delibere di approvazione del riparto delle spese ovvero tacitamente, mostrando accondiscendenza ai criteri di ripartizione, purché in maniera non equivoca.

La nuova formulazione dell'art. 69 disp. att. c.c., sembrava aver superato detta interpretazione delle Sezioni Unite, prevedendo come: "I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all'articolo 68 possono essere rettificati o modificati all'unanimità. Tali valori possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore; 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

Ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio ai sensi dell'articolo 68, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell'amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni. Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali".

In altri termini, viene (o verrebbe, il condizionale è d'obbligo per i motivi di cui appresso) sempre sancita la necessità dell'unanimità dei consensi nel caso di revisione delle tabelle millesimali e, solo in due ipotesi residuali, in caso di errore o di mutamento delle condizioni dell'edificio condominiale, la possibilità di procedere alla rettifica con la maggioranza di cui all'art. 1136 II co. c.c., pertanto, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Tuttavia, un recente pronunciamento del Tribunale di Siena, ha smentito detta interpretazione, già diffusasi in gran parte della dottrina, facendo rivivere quella in precedenza rappresentata dalla Corte di Cassazione a sezioni unite, per come sopra esposta.

Invero accadeva che un condomino impugnava una delibera assembleare adottata in data 8 luglio 2014, pertanto, nella vigenza della legge di riforma del condominio (entrata in vigore il 18.06.2013), con la quale erano state modificate a maggioranza le tabelle millesimali sino ad allora in vigore, pur in assenza dei requisiti previsti dall'art. 69 disp. att. c.c. (errori di calcolo; mutamento dell'edificio).

Il Tribunale di Siena, con sentenza pubblicata in data 4 maggio 2015, dichiarava inammissibile l'impugnazione della delibera condominiale, così come avanzata dall'attore, sulla scorta del consolidato principio per cui il giudice deve limitarsi a sindacare sulla legittimità della delibera (contrarietà alla legge o al regolamento), ma non può disquisire sul merito della stessa, vale a dire che non può sostituire la sua pronuncia di merito a quella nulla o illegittima dell'assemblea (Cfr.: Cass. civ. 20.06.2012, n. 10199).

Riferisce, inoltre, che al fine di valutare la legittimità o meno dei criteri adottati per il riparto delle spese (tabelle millesimali), occorre azionare lo speciale procedimento ex art. 69 disp. att. c.c., e non limitarsi ad impugnare ai sensi dell'art. 1137 c.c. la deliberazione assembleare.

Nonostante ciò, la sentenza in commento si rileva particolarmente interessante in quanto, nonostante la dedotta inammissibilità dell'azione, entra comunque nel merito della vicenda e, in particolare, sulla necessità - o meno - dell'unanimità dei consensi per la revisione (modifica) delle tabelle millesimali.

Il Tribunale di Siena, dopo aver richiamato i principi di diritto espressi nella sentenza delle sezioni unite n. 18477/2010 - che abbiamo illustrato in precedenza - peraltro richiamati anche da successive pronunce della Suprema Corte (n. 4659/2014), afferma come sussista solo un apparente contrasto tra quanto statuito all'epoca dal giudice di legittimità e il novellato art. 69 disp. att. c.c., a mente del quale le tabelle millesimali possono essere rettificate o modificate all'unanimità, salvo i casi di errore o mutamento dell'edificio, per i quali basta la maggioranza qualificata.

Riferisce, pertanto, che, anche in ragione di due recenti pronunciamenti giurisprudenziali (Cass. n. 11837/13; Trib. Bari, 20/02/14), la nuova formulazione del menzionato art. 69 non avrebbe affatto imposto un generalizzato obbligo di approvazione all'unanimità delle tabelle millesimali, limitandosi, al contrario, a disciplinare le sole ipotesi di approvazione di delibere di rettifica o modifica di tabelle già adottate, così recependo sostanzialmente i principi già espressi dalle sezioni unite.

Continua affermando come sarebbe irragionevole pretendere l'unanimità dei consensi per la modifica di tabelle in origine approvate (solo) a maggioranza, specificando quindi che la "nozione di modifica o rettifica", così come utilizzata dal legislatore del 2012, debba essere necessariamente riferita solo a quelle modificazioni delle tabelle millesimali, siano esse "regolamentari" o "convenzionali" che segnano il passaggio dai criteri legali a quelli derogativi della legge.

Vale a dire a quelle modifiche delle tabelle che comportino una ripartizione delle spese condominiali differente rispetto ai criteri imposti dalla legge.

Solo in quel caso, quindi, è necessaria l'unanimità dei consensi, quand'anche nella vigenza della nuova normativa.

Conclude, pertanto, il Tribunale sostenendo il principio per cui: "la regola dell'unanimità di cui all'art. 69 disp. att. c.c., all'indomani della riforma, rinviene il proprio ambito di operatività con riferimento alle "modifiche" intese come espresse convenzioni di deroga ai criteri di proporzionalità di cui all'art. 1118-1123 c.c. art. 68 disp att. c.c.; laddove, invece, alle deliberazioni aventi ad oggetto non la modifica della portata dei diritti e doveri di partecipazione alle spese relative alla cosa comune, bensì soltanto la relativa quantificazione, trattandosi di delibere avente valore non negoziale, ma regolamentare, opererà il criterio, ormai invalso in giurisprudenza, della maggioranza qualificata".

Chi scrive ritiene assolutamente corretta detta interpretazione dell'art. 69 disp. att. c.c., nel testo oggi in vigore, non fosse altro perché l'ultimo comma del menzionato articolo prevede espressamente che: "Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali".

Con ciò confermando l'assunto del Tribunale di Siena, per il quale solo la modifica dei criteri legali di ripartizione delle spese ovvero di quelli già stabiliti convenzionalmente, per i quali necessariamente vi sarà stata una delibera adottata all'unanimità (appunto perché derogativa dei criteri di legge), abbisogna dell'unanimità dei consensi.

Al contrario, per le modifiche alle tabelle millesimali che non vanno ad incidere sui criteri di calcolo proporzionali (ex art. 68 disp. att. c.c., 1123, 1124, 1126 c.c.), risulterebbe ancora sufficiente la maggioranza di cui al II comma dell'art. 1136 e, pertanto, un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Anche perché, così come rilevato dal Tribunale di Siena, deliberare l'approvazione delle tabelle millesimali, risulta generalmente "operazione tecnica di valutazione e calcolo ricognitiva dei rapporti di proporzione indicati dalla legge", in altri termini, che la ripartizione delle spese così come effettuata con le tabelle millesimali appare conforme ai criteri legali, salvo la loro espressa modifica, sempre possibile, ma solo all'unanimità.

Tribunale Siena 4.05.2015
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