Secondo il primo rapporto sulle professioni forensi realizzato dal Censis è colpa anche della "zavorra" giustizia

di Marina Crisafi - Una professione in crisi e non solo economica, ma anche di prestigio ed efficienza, sulla quale pesa la "zavorra" rappresentata dall'inadeguatezza del sistema giudiziario. È questo il quadro che emerge dal primo rapporto sull'avvocatura italiana, realizzato dal Censis per conto della Cassa Forense e presentato ieri a Rimini nell'ambito della IX conferenza nazionale dell'ente di previdenza.

L'anteprima dei risultati dell'indagine (quelli definitivi saranno pronti a dicembre), basata su un campione di circa 8mila avvocati, mostra professionisti feriti dalla crisi che attanaglia da anni l'intero Paese, con il 44% alle prese con un calo del fatturato nell'ultimo biennio (che sale al 49% se si guarda solo ai legali del Mezzogiorno) e solo un 30% che è riuscito a mantenere stabili i redditi dell'attività professionale, mentre scende al 25% chi addirittura li ha visti aumentare.

Stando ai dati, inoltre, a dispetto delle recenti aperture verso le società anche multiprofessionali e gli incentivi alla degiurisdizionalizzazione, quella dell'avvocato rimane una professione fortemente organizzata su basi individuali (il 67% del campione è titolare unico dello studio) e a prevalere è l'attività giurisdizionale (con il 66% del fatturato complessivo), mentre solo il 29% viene dall'attività stragiudiziale e di consulenza e appena il 5% da mediazioni e arbitrati.

Altra nota dolente, è rappresentata per il 79% dai mancati o ritardati pagamenti da parte dei clienti (costituiti per il 74% da clientela di "prossimità", seguita a ruota dal peso crescente degli adempimenti burocratici (66%) ma anche dalla concorrenza sleale dei colleghi (26%).

A pesare per il 60% degli avvocati italiani è anche la complessiva perdita di prestigio: un calo di reputazione ed efficienza sul quale pesa una zavorra strutturale che per il 49% è dovuta alla persistente inadeguatezza del sistema giudiziario.

Un cenno a parte meritano, infine, il ritardo digitale (visto che oggi solo il 26% degli studi legali ha un proprio sito web e il 5% lo usa per interagire con i clienti) e la carente formazione universitaria (per il 41% degli avvocati).

Tutti dati che, come commentato dal presidente della Cassa Forense Nunzio Luciano, dimostrano "che è il cambiamento la prospettiva più urgente con cui fare i conti" per affrontare incisivamente la crisi "e aiutare soprattutto le categorie più deboli, come i giovani e le donne".

Ma, nonostante tutto continua a regnare un certo ottimismo, visto che secondo l'indagine, il 37% dei professionisti ritiene che in prospettiva le proprie condizioni non potranno che migliorare. E resistono anche le motivazioni, considerato che, ancora oggi, difficoltà a parte, il 51% degli avvocati ha scelto la professione per passione, mentre per il 29% ha rappresentato e rappresenta la realizzazione di un sogno.


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