Il mancato trasferimento della residenza di uno dei coniugi non fa decadere il diritto a usufruire delle agevolazioni

di Marina Crisafi - Il beneficio fiscale sull'acquisto della prima spetta anche nel caso in cui sia soltanto uno dei coniugi ad aver trasferito la residenza nel comune dove è ubicato l'immobile.

Il principio è stato ribadito di recente, dalla sentenza n. 16026/2015 della sezione tributaria della Cassazione, in accoglimento del ricorso di una donna che impugnava la decisione emessa dalla CTR del Piemonte di revoca del beneficio fiscale sull'immobile acquistato insieme al marito.

Nel caso di specie, per il giudice tributario, l'agevolazione era stata goduta indebitamente perché non solo la donna non aveva partecipato alla stipula del rogito notarile ma non aveva neanche trasferito la residenza nel comune dove si trovava il cespite.

La donna ricorreva pertanto in Cassazione, lamentando che la residenza era stata spostata dal marito e che trattandosi di un immobile destinato a residenza familiare, doveva ritenersi sufficiente tale atto, posto in essere da un rappresentante della famiglia, intesa come "entità autonoma" distinta dai coniugi singolarmente.

Per gli Ermellini la donna ha ragione.

Richiamando gli orientamenti precedenti in materia hanno sottolineato, infatti, che, per fruire dei benefici fiscali sull'acquisto della prima casa, il requisito della residenza

nel comune in cui si trova l'immobile è riferito alla famiglia, "con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare" non assumendo alcun rilievo la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale comune, e ciò in ogni caso "in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in quello di acquisto congiunto del bene stesso".

Lo stesso principio era stato affermato, in una vicenda analoga, nel 2013 dalla Cassazione (cfr. n. 16355/2013), mentre con la sentenza

n. 14237/2000 era stato chiarito che marito e moglie non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, bensì alla "coabitazione", la quale costituisce un "elemento adeguato" a soddisfare il requisito della residenza richiesto ai fini tributari.


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