Facciamo il punto con Maurizio REGGI

TRIBUTARIO FLASH

La lente dell'avvocato sul problema fiscale

di Ilaria Corridoni

Avvocato Cassazionista Master tributario


Ad oltre due mesi dalla nota sentenza emessa dalla Corte Costituzionale sui dirigenti "senza concorso" delle Agenzie fiscali (sentenza n. 37/2015 in GU del 17 marzo u.s.) dobbiamo fare il punto della situazione.

Non è corretto liquidare la questione, come pure è stato fatto, dicendo che "è tutto a posto", che gli atti già emessi e sottoscritti sono senz'altro legittimi e che non bisogna "buttare soldi in ricorsi inutili".

Non è opportuno neppure utilizzare toni sensazionalistici, magari banalizzando il tema e gridando in danno di Equitalia, la quale è soltanto il braccio operativo del soggetto impositore da cui promana il potere di accertamento ed è tendenzialmente "l'ultimo anello della catena". Quando arriva Equitalia generalmente esiste un atto prodromico da cui origina l'azione di riscossione.

L'argomento è complesso e merita su Lia Law In Action un approfondimento mirato ad inquadrarne i termini nel modo giusto ed a vagliare nella maniera più opportuna, con uno sguardo presbite, le azioni che possono essere promosse in vantaggio del contribuente.

L'atto impositivo, che è un atto di natura amministrativa, deve essere sottoscritto da chi ha il potere di farlo: perché tale potere direttamente detiene, o perché tale potere gli è stato validamente delegato ed è stato validamente recepito.

Prevede l'art. 42 DPR 600/1973 che

"Gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato.

...l'accertamento è nullo se l'avviso non reca la sottoscrizione ...".

La delega prevede una serie di regole che vanno rispettate perché possa dirsi soddisfatto il quadro previsto dall'art. 42 c. 1, 3 del DPR 600 del 1973 a pena di nullità degli accertamenti fiscali.

Questa è la chiave di lettura suffragata da costante orientamento della Corte Suprema di Cassazione, ribadito sempre sino ai tempi recentissimi (Cass. 14195/2000; 14626/2000; 17400/2012; 19739/2012; 14942/2013; 18758/2014).

A fronte della contestazione che il ricorrente può sollevare in giudizio circa la sottoscrizione dell'atto impugnato di norma l'ufficio produce copia della delega in base alla quale si reputa conferito al sottoscrittore il potere di firmare validamente l'atto.

Il documento deve essere sempre attentamente esaminato perché la delega deve essere nominativa e completa, con indicazione precisa dei limiti quantitativi e temporali che circoscrivono i poteri e le facoltà che vengono riservate al delegato della carriera direttiva (può accertare sino a ..., può sgravare sino a ...etc.)

E questo è un primo profilo di indagine per il difensore tributario di importanza non trascurabile.

Il secondo profilo parallelo, che assurge agli onori della cronaca attualmente, giusta la censura che la Consulta ha riservato alla "cattiva pratica" delle Agenzie di conferire incarichi dirigenziali senza concorso ai propri funzionari, è quello di cui si cennava per cui la delega deve essere validamente conferita ed anche validamente recepita.

Nel procedere mi avvarrò anche dei preziosi spunti di riflessione proposti dall'Amico Maurizio REGGI, noto tributarista milanese, che vanta al suo attivo una prestigiosa carriera di pubblicista e di collaboratore de Il Sole 24 ORE.

Ha da poco ottenuto una pronuncia da parte della Commissione Tributaria Provinciale di Milano (sentenza n°3222/25/15 depositata il 10 aprile u.s.), con la quale è stato annullato un avviso di accertamento sottoscritto da un soggetto privo del necessario potere, che siccome giunta in coda alla pesante sentenza della Consulta, ha suscitato una vasta eco e persino una reazione dell'Agenzia che è riportata nel comunicato stampa del 22 aprile u.s. (in rete).

In questi giorni ha già profuso il suo impegno per far passare dai media e sui giornali un pensiero che mi sento di condividere e che penso di aver bene interpretato: sarebbe forse imprudente puntare un'azione di impugnazione sull'unico motivo rappresentato dalla "sottoscrizione invalida" dell'atto impositivo, specie quando si hanno altre ragioni di legittimità e di merito da far valere serenamente, ma certo non è giusto arrendersi al messaggio che pure i vertici dell'Agenzia hanno tentato di lanciare: tutto è valido, non si discute. Non è così!

Insieme al collega Dott. Campanella Reggi ci fornisce gentilmente in proposito le considerazioni che possono essere sintetizzate come faremo di seguito e sulle quali è nostra intenzione tornare prossimamente per delineare ancor meglio i contorni del cono precettivo della normativa di riferimento (art. 42 cit.)

"Per capo dell'ufficio deve intendersi il Direttore Provinciale dell'Agenzia delle Entrate sul quale ricade il potere di accertamento (ai sensi dell'art. 5 comma 6 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate approvato con delibera del comitato direttivo n. 4 del 30 novembre 2000 pubblicato in GU n. 36 del 13 febbraio 2001). Egli è un dirigente ..."

"Il delegato alla firma dell'atto, invece, deve essere un "impiegato della carriera direttiva" .... e stando al comunicato stampa diffuso dall'Agenzia Entrate il 22 aprile 2015 "attualmente alla carriera direttiva appartiene il personale di terza area funzionale non dirigente" (ndr ex nona qualifica..)

Preme a questo punto e a tal proposito sottolineare che non è poi così semplice inquadrare il punto nodale sulla figura del soggetto che può validamente recepire la delega ed infatti qualche ombra permane e l'argomento, nelle nostre intenzioni, sarà oggetto di futura e più specifica trattazione.

Comunque, evidenzia Reggi, la delega "deve essere rilasciata per specifiche e comprovate ragioni di servizio ... per un periodo di tempo determinato, con atto sottoscritto e motivato ... a dipendenti che ricoprono le posizioni funzionali più elevate nell'ambito degli uffici ad essi affidati" (art. 17, comma 1-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165)

Spetta sempre all'Agenzia dimostrare in giudizio che la firma dell'atto impugnato è stata apposta dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, producendo la delega, pena la nullità dell'avviso, come ribadito recentemente dalla Corte Suprema di Cassazione (con la citata sentenza n. 18758 del 5 settembre 2014).

Resta da chiarire, seppure può apparire superfluo, che ogni caso ha i suoi connotati specifici e va pensata la linea di difesa più congrua stabilendo in primis se vi sia un problema relativo alla carenza di potere (di sottoscrivere, delegare o recepire validamente la delega), o una falla nella struttura della delega (perché generica, per comparti, senza adeguati limiti temporali...).

Ovviamente i vizi menzionati possono anche coesistere a sovrapporsi.

In secondo luogo andrà affrontata la spinosa questione circa la natura del vizio e delle conseguenze (inesistenza, nullità... etc) e perciò circa i modi e i termini per farlo valere e circa eventuali preclusioni extra o endoprocessuali.

Intanto circola già la menzione di una decisione con cui la Commissione Regionale della Lombardia, appena il 19 maggio 2015 (sentenza 2184/13/15) avrebbe sancito la rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del processo dell'invalidità della sottoscrizione apposta dal dirigente decaduto (www.ipsoa.it).

Concludendo, staremo a guardare intanto come si atteggeranno le Commissioni di merito, che affronteranno (con maggiore o minore coraggio) il primo vaglio delle conseguenze portate dalla "bomba" dei dirigenti senza concorso, lanciata dalla mano autorevole e pacata del Giudice Costituzionale.

Sarebbe deludente un intervento normativo pesante, pure ventilato nell'immediatezza della nota pronuncia, che dovesse "risolvere" il problema con una scure, di fatto annientando il significato del lavoro della Consulta.





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