L'art. 62 del codice di deontologia forense pone in essere in modo molto dettagliato alcuni divieti che si riversano nei confronti dell'avvocato nella veste di mediatore

Avvocato mediatore: l'art. 62 del codice di deontologia forense

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Come si evince dall'articolo 62 del Codice di deontologia forense l'avvocato che svolge la funzione di mediatore ha l'obbligo di rispettare i dettami della normativa in esame, connessi alle previsioni del regolamento dell'organismo di mediazione. Il tutto nei limiti in cui queste ultime previsioni non vadano a contrastare quelle riportate nel codice.

Nell'art. 62 vengono posti in essere in modo molto dettagliato alcuni divieti che si riversano nei confronti dell'avvocato.

I divieti

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Detti divieti affermano innanzitutto che l'avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza.

Ne consegue che non deve assumere la funzione/qualifica di mediatore l'avvocato:
- che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti;
- se una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi due anni da professionista di cui socio o con lui associato ovvero che eserciti negli stessi locali.
All'interno dell'articolo viene apposta anche una condizione ostativa all'assunzione dell'incarico di mediatore: la ricorrenza di una delle ipotesi di ricusazione degli arbitrati che sono previsti dal codice di rito.
Al comma 4 si afferma che l'avvocato che ha svolto l'incarico di mediatore non deve in nessun modo intrattenere rapporti professionali con una delle parti:
- se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento;
- se l'oggetto dell'attività non sia diverso da quello del procedimento stesso.

Questo particolare divieto viene esteso anche a coloro che collaborano all'interno degli studi professionali.
Gli ultimi commi affermano che l'avvocato non deve in nessun modo consentire che l'organismo di mediazione abbia sede, a qualsiasi titolo, o svolga attività presso il suo studio o che quest'ultimo abbia sede presso l'organismo di mediazione.
Al sesto ed ultimo comma si afferma che la violazione dei doveri di cui al 1 e 2 comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura; la violazione del divieti di cui ai commi 3,5 e 5 comporta l'applicazione della sanzione disciplinare e anche della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale dai due ai sei mesi.
L'istituto della mediazione ed in particolare la figura del mediatore (oggetto del nostro interesse) viene riportata anche all'interno del codice civile all'art.1754.

La figura del mediatore

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Prima di analizzare la figura del mediatore è opportuno fare un piccolo preambolo sull'istituto della mediazione, enucleato dalla giurisprudenza, in assenza di una nozione unitaria.
Secondo un orientamento giuridico diffuso e consolidato nel tempo la mediazione viene intesa come una tecnica alternativa alla giurisdizione, che tende alla soluzione delle controversie, non mediante una decisione, ma attraverso una tecnica negoziale che è finalizzata alla conciliazione. In poche parole, le parti che sono in conflitto tra di loro vengono aiutate a raggiungere un accordo, assistite dagli avvocati, che in questo caso assumono le vesti di mediatori.
Andiamo ora nello specifico a parlare della figura del mediatore che come abbiamo precedentemente riportato viene riportata all'art. 1754 c.c.
E' mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. In questo caso il "mediatore" è parte terza, in quanto la sua presenza serve solo a far sì che le parti risolvano le loro controversie in una sede diversa da quella dei tribunali.
Per poter svolgere l'attività di mediatore non occorre solo far riferimento all'art. 62 del codice di deontologia forense, ma anche agli artt. 2 e 3 della l. 39/1989 e all'art. 40 l. 273/2002.
In un primo momento per poter svolgere l'attività di mediazione era richiesta l'iscrizione in un apposito albo (il ruolo degli agenti di affari in mediazione) che era istituito presso ogni Camera di commercio, industria, artigianato ed agricoltura. In una seconda fase, il ruolo è stato soppresso e le attività ivi disciplinate sono attualmente soggette a dichiarazione di inizio attività, che deve essere presentata presso la Camera di Commercio per mezzo dello sportello unico del comune competente, insieme ai documenti che attestino il possesso dei requisiti prescritti secondo gli artt. 73 e 80 del D.lgs.n. 59/2010.
Nonostante la soppressione del ruolo non è venuto meno l'obbligo di iscrizione presso uno specifico albo secondo il disposto dell'art. 6, l. n. 39/1989, secondo cui hanno diritto alla provvigione i soli mediatori che sono iscritti negli appositi registri o nei repertori che sono tenuti presso la camera di commercio (cfr. Cass. 16147/2010).
Nell'ipotesi in cui l'attività di mediatore venga posta in essere in modo occasionale, senza la suddetta iscrizione, il mediatore è soggetto a sanzioni amministrative secondo l'art. 8, l. 39/1989. Il soggetto che pone in essere questa condotta ha l'obbligo di restituire le provvigioni percepite in qualità di mediatore.


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