Profili di compatibilità e di incompatibilità tra la Direttiva europea 2013/11 e la disciplina ex D.Lgs. 28/2010

Avv. Alessandra Donatello - Con la sentenza 14 giugno 2017, Causa C-75/16 la Corte di Giustizia si è sostanzialmente espressa in merito ad alcuni rilevanti aspetti che caratterizzano il procedimento A.D.R. della mediazione civile e commerciale, come disciplinata dal D. Lgs. 28/2010.

Il caso da cui origina la pronuncia della Corte di giustizia Ue

Il Tribunale di Verona, nell'ambito di un procedimento di opposizione a d.i., con richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione, proposto da due consumatori contitolari di di un rapporto di conto corrente nei confronti di un istituto bancario, ha ritenuto di sollevare due questioni pregiudiziali, chiamando così a pronunciarsi la Corte europea:

  • "se l'art. 3, paragrafo 2, della direttiva 2013/11, nella parte in cui prevede che la medesima direttiva si applichi "fatta salva la direttiva 2008/52", vada inteso nel senso che fa salva la possibilità per i singoli Stati membri di prevedere la mediazione obbligatoria per le sole ipotesi che non ricadono nell'ambito di applicazione della direttiva 2013/11, vale a dire le ipotesi di cui all'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 2013/11, le controversie contrattuali derivanti da contratti diversi da quelli di vendita o di servizi oltre quelle che non riguardino consumatori";
  • "se l'art. 1 della direttiva 2013/11, nella parte in cui assicura ai consumatori la possibilità di presentare reclamo nei confronti dei professionisti dinanzi ad appositi organismi di risoluzione alternativa delle controversie, vada interpretato nel senso che tale norma osta ad una norma nazionale che prevede il ricorso alla mediazione, in una delle controversie di cui all'art. 2, paragrafo 1 della direttiva 2013/11, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale della parte qualificabile come consumatore, e, in ogni caso, ad una norma nazionale che preveda l'assistenza difensiva obbligatoria, ed i relativi costi, per il consumatore che partecipi alla mediazione relativa ad una delle predette controversie, nonché la possibilità di non partecipare alla mediazione se non in presenza di un giustificato motivo".

Cgue: primo quesito

La risposta della CGUE in merito alla prima delle questioni prospettate dal giudice del rinvio muove nel senso di precisare che la nominata direttiva 2008/52 ha come scopo primario quello di facilitare l'accesso alle A.D.R. e di promuovere la composizione amichevole delle controversie mediante tali strumenti, tale direttiva esplica la propria applicabilità nei limiti delle controversie civili e commerciali transfrontaliere, nelle quali, cioè, almeno una delle parti abbia il proprio domicilio o la residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello di qualsiasi altra parte.

Ne consegue, da un lato e da una prima lettura, l'impossibilità di ritenere applicabile la suddetta direttiva al caso sottoposto dal giudice di rinvio, trattandosi evidentemente di controversia che non presenta il carattere "transfrontaliero", svolgendosi interamente in Italia.

Dall'altro lato, è pur vero che viene lasciata agli Stati membri la possibilità di applicare la medesima direttiva 2008/52 anche ai procedimenti di mediazione nazionali, che non presentino quindi alcun tratto trasfrontaliero, e tale è stata la scelta in effetti attuata dallo stato italiano; tuttavia, ciò non produce l'effetto di estendere l'ambito di applicazione della direttiva, come definito all'articolo 1, paragrafo 2.

Pertanto - conclude la Corte sulla prima questione pregiudiziale - dovendosi considerare la direttiva in oggetto non applicabile alla controversia principale, viene meno la necessità di pronunciarsi sulla questione dei rapporti tra quest'ultima e la direttiva 2013/11.

Cgue: secondo quesito

La seconda questione posta all'attenzione della CGUE è quella che meglio le ha dato lo strumento per potersi esprimere su profili importanti della mediazione civile e commerciale, come pensata e strutturata nel sistema giuridico italiano vigente.

In primis vengono enucleati i caratteri che le controversie devono possedere per potersi dire disciplinate dalla direttiva 2013/11: procedure avviate da un consumatore nei confronti di un professionista, aventi ad oggetto rapporti obbligatori derivanti da contratti di vendita o di servizi, salvaguardia dei principi di indipendenza, imparzialità, trasparenza, efficacia, rapidità ed equità, affidamento della procedura ad un organismo A.D.R., inserito in un apposito elenco notificato alla Commissione europea.

Deve essere il giudice del rinvio a valutare se nel caso principale, come quello in oggetto, debbano considerarsi soddisfatti tutti e cumulativamente i sopra elencati requisiti; se la risposta sarà positiva per l'insieme, allora se ne potrà concludere per la piena applicabilità della direttiva 2013/11 alla normativa come quella nazionale discussa nel procedimento principale.

Procedura di mediazione come condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria

La direttiva europea in esame prevede la possibilità per i consumatori di presentare, su base volontaria, reclamo nei confronti dei professionisti davanti ad un organismo A.D.R.

Come va inteso l'elemento della volontarietà?

E' necessario staccarsi dal mero dato letterale e valutare le disposizioni di diritto nel loro contesto ed alla luce dei fini perseguiti dalla normativa di cui esse fanno parte, questo comporta che il carattere volontario della mediazione va rilevato non già nella libertà di promuovere o meno il procedimento, ma nel fatto che "le parti gestiscano esse stesse il procedimento e possano organizzarlo come desiderano e porvi fine in qualsiasi momento".

Ciò che interessa è che il diritto di accesso alla giustizia ordinaria non venga leso, indipendentemente dal fatto che il legislatore nazionale ponga una sorta di tappa preliminare per potervi avere accesso, poiché tale "scoglio" in realtà non viene considerato tale: "i diritti fondamentali non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti".

Pertanto, gli Stati membri sono liberi di scegliere gli strumenti procedurali A.D.R. che ritengono meglio opportuni, salvaguardando il fine ultimo del libero accesso alla giustizia, il quale è certamente tutelato laddove vengano soddisfatte le seguenti condizioni: l'esito della procedura A.D.R. non deve essere vincolante per le parti ed i termini di prescrizione e decadenza non devono venire a scadenza durante le procedure A.D.R., quali che siano quelle scelte ed individuate dal legislatore nazionale, i costi non siano ingenti, l'accesso possa avvenire sia on line che off line, rimanga possibile l'adozione di provvedimenti provvisori in casi urgenti.

Rispettate tali esigenze, chiaramente individuate dal Giudice comunitario, la procedura di mediazione come conosciuta nel nostro ordinamento - vale dire come condizione di procedibilità di una domanda giudiziale nei casi previsti dal d. Lgs. n. 28/2010 - non osta alla direttiva europea e si considerano tutelati i diritti da quest'ultima posti a base delle A.D.R.

Dall'altro lato però, i consumatori devono essere ritenuti liberi di ritirarsi dal tavolo della mediazione, anche in assenza di un giustificato motivo e, per espressa previsione della direttiva 2013/11, deve essere loro garantito l'accesso alle procedure A.D.R. senza obbligo di assistenza legale.

La violazione di questi due elementi è ritenuta dall'alta Corte in contrasto ed in violazione del diritto di accesso al sistema giudiziario, obiettivo principe su cui si fonda la direttiva 2013/11, conseguenza ne è che, sotto tali profili, la direttiva europea osta alla normativa nazionale italiana nella parte in cui essa prevede l'assistenza legale obbligatoria per i soggetti che possono considerarsi consumatori e la possibilità per questi ultimi di ritirarsi dalla procedura di mediazione solo a fronte di un giustificato motivo.

Si aprono a questo punto dubbi interpretativi che al fine di non configurare un sempre più espanso "black hole" all'interno delle procedure A.D.R. dovranno essere recepiti ed adattati alla nostra legislazione, il rischio è altrimenti quello di esporsi a procedimenti su cui incombe l'ombra dell'illegittimità e che potrebbero dar luogo ad una responsabilità dello Stato per mancata o tardiva trasposizione di direttive comunitarie.

Avv. Alessandra Donatello

avvocato e mediatore civile e commerciale

alessandra.donatello@gmail.com


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