L'obbligo vaccinale per gli over 50 ex decreto legge n. 1/2022, lo scudo penale, i limiti costituzionali e l'idea di globalizzazione

L'obbligo vaccinale per gli over 50

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Non essere in regola entro il 1° febbraio con la vaccinazione anti covid-19 comporta per gli over 50 una sanzione di 100 euro e dal 15 febbraio anche l'impedimento ad accedere al luogo di lavoro, se sprovvisti di Super Green Pass (SGP), che per i professori universitari è richiesto indipendentemente dall'età.

Si potrebbe dire che, siccome nessuno reclama, il governo, non riuscendo ad escogitare sanzioni più efficaci, continua a tenere in ostaggio il diritto al lavoro.

Alla vigilia dell'Epifania e con la politica interamente distratta dalle vicende dell'elezione del Presidente della Repubblica, il Consiglio dei Ministri ha votato all'unanimità il DECRETO-LEGGE 7 gennaio 2022, n. 1, "Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore".

Sarà curioso osservare il comportamento dei costituzionalisti, che in materia di concessioni al governo sulle misure anti pandemia hanno manifestato finora grandissima tolleranza, per vedere se sarà uguale, quando si tratterà di interpretare le eccezioni necessarie a garantire il voto per il Quirinale in modo sicuro: sarà consentito recarsi al seggio se positivi o non vaccinati con più di 50 anni? Sarà ammesso l'assembramento di senatori e deputati nell'assemblea congiunta? Sarà ammesso il voto a distanza? I quorum potranno adeguarsi alle assenze per ragioni sanitarie?

Lo scrivente è confidente che questi aspetti sfidanti della nostra Costituzione troveranno tra gli stessi studiosi di giurisprudenza risposte caratterizzate da maggiore rigidità interpretativa rispetto a quanto dimostrato nei confronti della campagna vaccinale.

DECRETO-LEGGE 7 gennaio 2022, n. 1

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Ma torniamo al DL 1/2022. Le fasi preparatorie sono state animate dal dibattito politico intorno alla necessità di incentivare la campagna vaccinale senza penalizzare il diritto al lavoro come invece veniva ipotizzato dalle proposte iniziali che prevedevano la mera estensione del Super Green Pass (SGP) sul luogo di lavoro. Vediamo come sono andate le cose.

Il decreto in questione, firmato da tutti i ministri e descritto dalla stampa come "varo dell'obbligo vaccinale generalizzato" si può sintetizzare così: non essere in regola entro il 1° febbraio con la vaccinazione anti covid-19 comporta per gli over 50 una sanzione di 100 euro e dal 15 febbraio anche l'impedimento ad accedere al luogo di lavoro, se sprovvisti di Super Green Pass (SPG), che per i professori universitari è richiesto indipendentemente dall'età.

Dunque, il principio discriminatorio verso i lavoratori, che ha caratterizzato finora la campagna vaccinale, sembra confermato anche da questo decreto, e pare ormai metabolizzato dalle parti sociali. Si potrebbe dire che, siccome nessuno reclama, il governo, non riuscendo ad escogitare sanzioni più efficaci, continua a tenere in ostaggio il diritto al lavoro. Questa pratica è pericolosa, e non ci resta che sperare che ciò avvenga per un tempo inferiore a quelli previsti dall'istituto dell'usucapione. L'obbligo di SGP al momento vale fino al 15 giugno 2022.

Il DL 1/2022 introduce le sue novità modificando il decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76. Quale migliore occasione di questa, dell'inasprimento dell'obbligo vaccinale, ci sarebbe stata per rimuovere lo scudo penale previsto dall'art 3 dello stesso decreto - che depenalizza il reato di omicidio o lesioni gravi causati dalla somministrazione del vaccino - e dall'art 3-bis - che prescrive al giudice la concessione delle attenuanti per reati sanitari connessi con l'emergenza sanitaria? Si sarebbero disinnescati sospetti e favorito la campagna vaccinale.

Scudo Penale

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Il governo è stato di parere diverso e ha ritenuto più utile mantenere lo scudo penale.

Se da una parte si odono forti le voci contro l'esiguità della sanzione per gli inadempienti all'obbligo, ritenuta troppo bassa per convincere coloro che hanno paura a sottoporsi al vaccino, tutto tace quando si chiede conto delle paure dei medici vaccinatori e della catena di responsabilità, che trattengono per sé lo scudo penale nell'assoluto silenzio. Per loro la paura fa novanta!

Lo scudo penale, merita precisarlo, è lesivo della reputazione del medico vaccinatore, che nello svolgimento della sua professione ha il diritto/dovere di assumersi le proprie responsabilità di fronte al paziente e al giuramento di Ippocrate; nonché delle prerogative del magistrato, a cui vengono imposte le attenuanti da considerare nei casi di disgrazia causate dalla poca conoscenza del fenomeno Covid-19, perché in questo modo viene inibito nel suo diritto di chiedere conto agli accusati di come mai tale poca conoscenza del fenomeno abbia portato ad adottare provvedimenti sanitari aggressivi e poco prudenti.

I limiti costituzionali pongono condizioni ma non debbono averle

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Il governo agisce con l'aria di chi ritiene di non avere limiti quando si tratti di "fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività". E' un errore, e lo è sia non accorgersene che non segnalarlo.

I limiti costituzionali pongono condizioni ma non debbono averle. Il costituzionalista dev'essere severo sempre, non solo in occasione del voto per il rinnovo del Presidente della Repubblica. La sua severità nell'esigere il rispetto dei vincoli costituzionali non deve dipendere dal valore che egli attribuisce alla posta in gioco, perché questa condizione sarebbe contingente. Le sue valutazioni personali del fenomeno pandemico potrebbero indurlo a rilassare la severità con cui giudicare il legislatore sull'obbligo vaccinale. Invece non spetta a lui giudicare la posta in gioco come precondizione per stabilire se valga o meno la pena azionare i freni costituzionali, che invece debbono sempre essere supposti attivi e pronti ad intervenire anche nelle circostanze che paiono le più innocenti.

La nostra idea di globalizzazione è cambiata

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Si pensi ai tanti morti in epoca pre-pandemica nei corridoi degli ospedali congestionati dai picchi influenzali, che ad ogni inverno con cadenza periodica suscitavano polemiche sulla gestione sanitaria. Si pensi all'epidemia SARS 2002-2004, la cui risposta non contemplò la vaccinazione, neppure facoltativa. Quei fenomeni, intrinsecamente impredicibili, produssero risposte diverse dal Covid-19 non perché i fenomeni erano diversi, ma perché lo eravamo noi; l'idea che all'epoca avevamo della "globalizzazione" - cioè la concettualizzazione del nostro mondo - era quella di una competizione a tutti i costi che non aveva tempo di occuparsi di malati, morti, sostenibilità. L'idea di bloccare l'economia per ragioni sanitarie oppure dirottare ingenti risorse finanziare per la ricerca di un vaccino su larga scala contro un virus contingente era semplicemente impensabile.

Venuto meno l'istinto di competere ad ogni costo - vuoi per stanchezza, vuoi per invecchiamento o per qualsiasi altro fattore interno alla nostra idea di società globale - che ci illudiamo discenda dalle nostre esperienze quando invece le condiziona, solo allora sono nate certe riflessioni, che hanno condizionato il modo con cui osserviamo i fenomeni, compresi quelli sanitari, che sono sì oggettivi, ma a quelle precise condizioni. E non viceversa.


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