La Suprema Corte di Cassazione sezione terza, con la sentenza n. 14069 dell'11 giugno 2010, è tornata sull'annoso problema delle dichiarazioni false e/o reticenti rese dall'assicurato all'assicuratore
La Suprema Corte di Cassazione sezione terza, con la sentenza n. 14069 dell'11 giugno 2010, è tornata sull'annoso problema delle dichiarazioni false e/o reticenti rese dall'assicurato all'assicuratore in occasione della conclusione del contratto ai fini della determinazione del consenso dell'assicuratore. In particolare, nel caso in cui una polizza preveda la copertura delle spese sostenute per il ricovero da malattia, secondo i giudici di legittimità, l'inesattezza o la reticenza di cui agli art. 1892 e 1893 cc, per le dichiarazioni rese dall'assicurato, non necessariamente presuppongono una consapevolezza, da parte dello stesso , di essere affetto da quella malattia che ha poi dato luogo al sinistro, fonte di obbligo risarcitorio. Secondo la Cassazione, che si è richiamata alla sentenza
n. 13918 del 2005, ai fini della applicazione delle norme sopra citate, rileva qualsiasi circostanza sintomatica dello stato di salute del contraente che l'assicuratore abbia considerato potenzialmente rilevante ai fini della valutazione del rischio, domandandone, specificatamente, di esserne informato dall'assicurato, mediante la compilazione di apposito questionario. La semplice dichiarazione di aver compiuto gli esami di routine, a pare della Suprema Corte, può essere equiparata ad una dichiarazione non effettuata . Nel caso di specie il contraente aveva omesso di indicare in compimento di esami specifici effettuati, sia pur con esito negativo.

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