La Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 3282/2008) ha stabilito che in carcere non può essere prevista alcuna tutela per le nuove famiglie. Gli Ermellini, rigettando il ricorso hanno infatti precisato che "il ricorso debba essere dichiarato inammissibile sostenendo una tesi infondata e contraria alla disciplina legislativa in materia. Il motivo vero per il quale viene chiesta questa interpretazione anomala del permesso disciplinato dall'art. 30 O.P. è che il condannato non può beneficiare del permesso premio disciplinato dall'art. 30 ter, trattandosi di persona condannata all'ergastolo che non ha ancora maturato il diritto a beneficiarne, il che significa che non esiste un divieto assoluto di tutela di tale esigenza affettiva e umana, ma che i detenuti debbono trovarsi nelle condizioni di poter beneficiare della misura.
Ne consegue che sussistendo lo strumento giuridico per beenficiare della possibilità di incontrare i familiari nell'ambiente domestico, non vi è alcuna illegittimità costituzionale di una norma che ha come scopo ben altro che non un'esigenza naturale ed affettiva, sacrificata per lo stato di detenzione. Non si comprende come tale esigenza debba avere una disciplina diversa se ad invocarla è un detenuto sposato rispetto ad uno non sposato, oppure se viene invocata da uno che si è sposato prima della detenzione o durante la detenzione. Tra gli eventi di particolare gravità può rientrare tutto ciò che ha carattere dell'eccezionalità e non il diritto ad avere rapporti sessuali, che per sua natura, non ha alcun carattere di eccezionalità".

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