Il difensore d'ufficio dell'imputato irreperibile ha diritto ad un compenso che non deve essere superiore ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, con possibile applicazione di una decurtazione del 50%

Determinazione del compenso per il difensore d'ufficio

La vicenda prende avvio dall'istanza presentata da un avvocato d'ufficio, dinanzi al Tribunale di Ancona, per la liquidazione dei propri compensi; in particolare l'istante aveva lamentato l'omessa liquidazione delle spese relative alla fase istruttoria, nonché l'applicazione nei propri confronti dei minimi tariffari con l'ulteriore decurtazione ex art. 12, comma 2, del D.M. 55/2014 e di quella prevista all'art. 106-bis del D.P.R. 115/2002.

Il Giudice aveva confermato la liquidazione del compenso tenendo conto dei valori minimi degli onorari, escludendo, tuttavia, le decurtazioni sopra rappresentate.

Avverso tale decisione il Ministero della Giustizia aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 106-bis e 117 del D.P.R. 115/2002 per mancata applicazione della riduzione percentuale ivi prevista, posto che la figura del difensore d'ufficio deve essere equiparata, secondo il Ministero, a quella del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito del processo penale.

Compenso non superiore ai valori medi delle tariffe professionali

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4048/2024 (sotto allegata), ha accolto il ricorso proposto ritenendo fondata la doglianza formulata dal ricorrente.

La Corte ha in particolare evidenziato che "In tema di patrocinio a spese dello Stato, il difensore di ufficio dell'imputato irreperibile ha diritto ad un compenso che non deve essere superiore ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, potendo quindi applicarsi il valore delle tariffe in vigore riducendo del 50% corrispondente, cui aggiungere l'ulteriore decurtazione di cui all'art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002: siffatta modalità di liquidazione non costituisce violazione del minimo tariffario". Quanto affermato, spiega il Giudice di legittimità è coerente con le "esigenze di contemperamento tra la tutela dell'interesse generale alla difesa del non abbiente ed il diritto dell'avvocato ad un compenso equo".

Quanto sopra riferito, ricorda la Corte, è in linea con la giurisprudenza di legittimità già formatasi sul punto, la quale aveva ritenuto che "La liquidazione delle spettanze del difensore di persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato non deve superare il valore medio della tariffa, né tale valore di partenza può essere ridotto al di sotto del minimo".

Una volta determinato il compenso spettante secondo i suddetti parametri, la Corte spiega che allo stesso deve essere applicata l'ulteriore decurtazione di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 106-bis. La norma in questione, infatti, è applicabile alla liquidazione del compenso per il difensore d'ufficio dell'imputato irreperibile, integrando, in questo senso, disposizione di carattere speciale.

La Cassazione riferisce inoltre che il sacrificio delle aspettative economiche del professionista risulta contenuto e non svilisce il suo ruolo, posto che tale determinazione non riduce il compenso dell'avvocato ad un valore meramente simbolico, né lo stesso viene quantificato a prescindere dalla natura, dal pregio e dall'attività dallo stesso svolta.

Sulla scorta di quanto sopra, la Corte ha dunque ritenuto che il Tribunale di Ancona ha errato nella quantificazione del compenso spettante all'avvocato, integrando in questo senso la violazione di legge contestata dal ricorrente.

Il Giudice di legittimità ha dunque accolto il ricorso e cassato l'ordinanza impugnata, rinviandola al Tribunale di Ancona.

Scarica pdf Cass. n. 4048/2024

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