Com'è cambiata la disciplina dell'ascolto del minore grazie all'introduzione di nuove disposizioni nel Codice di procedura civile ad opera della riforma Cartabia

L'interesse del minore

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Negli ultimi decenni si è fatta sentire sempre più impellente la necessità di porre l'attenzione sulla concreta attuazione dei diritti del minore, considerandolo non più in maniera prettamente paternalistica quale oggetto di tutela, bensì quale soggetto di diritti perfetti, autonomamente azionabili e, pertanto, vero protagonista della sua vita in campo giudiziario.

Tutto ciò ha condotto ad una progressiva e sempre più spiccata rilevanza della sua posizione nel bilanciamento dei diritti delle parti nelle vicende processuali, promuovendo l'interesse del minore, vale a dire "the best interest of the child" quale prioritaria finalità nei sistemi giuridici internazionali.

Ed infatti la Corte europea dei diritti dell'uomo ne ha stabilito la preminenza collegandola al "diritto al rispetto della vita privata e familiare", di cui al primo comma dell'art. 8 CEDU.

Il diritto all'ascolto del minore

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L'esternazione di tale interesse implica l'importanza dell'ascolto del minore in ciascun processo che lo coinvolga direttamente, onde renderlo partecipe fattivamente, non da semplice spettatore, di scelte che influenzeranno la sua vita e pertanto il suo iter evolutivo e la sua crescita psico-affettiva.

A titolo esemplificativo, ricordiamo, che il diritto all'ascolto viene promosso e tutelato a livello sovranazionale dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 176/1991, dalla Convenzione dell'Aja del 28 maggio 1970 relativa al rimpatrio dei minori, dalla Convenzione di Lussemburgo del 28 maggio 1980 sul riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell'affidamento, dalla Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77.

Le nuove norme del Codice di procedura civile sull'ascolto del minore

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Con la riforma Cartabia del diritto di famiglia e dei minori si è voluta imprimere ancora più cogenza al diritto all'ascolto del minore nei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano, dedicandovi ben tre articoli: l'art. 473- bis 4 c.p.c., l'art. 473- bis 5 c.p.c. e l'art. 473-bis 6 c.p.c.

Il primo articolo citato, l'art. 473-bis 4 c.p.c., dispone che il minore che abbia compiuto gli anni 12 o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, venga ascoltato dal giudice prima che siano emanati provvedimenti che lo coinvolgano direttamente, quali possono essere la scelta del genitore collocatario o le modalità del suo affidamento e della frequentazione con l'altro genitore ed i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Il Giudicante è tenuto a prendere nella giusta considerazione le opinioni del minore in base alla sua età e alla maturità che il minore abbia raggiunto, mentre, di contra, non procede all'ascolto, fornendone adeguata motivazione, quando l'ascolto stesso potrebbe contrastare con lo stesso interesse della prole oppure essere chiaramente superfluo, per manifesta impossibilità fisica o psichica, oppure perché il minore mostra la inequivocabile volontà di non essere ascoltato. Il tutto è quindi sempre finalizzato a realizzare il vero interesse primario del Minore; proprio a tal fine l'ascolto, nei casi di procedimenti in cui i genitori abbiano raggiunto congiuntamente un accordo in merito alle condizioni relative all'affidamento dei figli, sarà disposto solo ove necessiti per tutelarli.

Il successivo art. 473-bis 5 regolamenta le modalità dell'ascolto, disponendo che deve essere condotto dal giudice, a cui viene attribuita comunque la facoltà di farsi assistere da un esperto - possibilmente psicologo forense dell'età evolutiva o psichiatra infantile- o da altri ausiliari.

Ne scaturisce che l'ascolto del Minore deve essere effettuato dal magistrato togato e che i magistrati onorari esperti potranno solo coadiuvarlo, ma non sostituirlo.

Nel caso in cui, nello stesso procedimento debbano essere ascoltati più minori, questi dovranno essere sentiti separatamente: sarebbe infatti inopportuno ascoltarli tutti insieme, perché la loro audizione potrebbe perdere di spontaneità e quindi di efficacia, in quanto i ragazzini, anche inconsapevolmente, potrebbero influenzarsi tra di loro nelle risposte da fornire al giudice. L'udienza finalizzata al loro ascolto deve essere programmata possibilmente in un orario compatibile con gli impegni scolastici dei minori e in locali - anche diversi da quelli sede degli uffici giudiziari - che siano adeguati alla loro età e quindi più accoglienti.

Si comprende bene come tutte queste regole evidenziano una sempre più corretta attenzione del legislatore verso la tutela dei minori, in modo da rendere loro il meno traumatico possibile l'impatto con un procedimento giudiziario.

Proprio nell'interesse del minore, il giudice, tenuto nel giusto conto l'età e il livello di maturità del minore, lo informa in maniera adeguata della natura del procedimento e degli effetti che il suo ascolto potrà avere nell'ambito giudiziario, predisponendo per l'ascolto modalità che garantiscano soprattutto la serenità e la riservatezza del minore, onde salvaguardare la sua personalità in formazione.

Una importante novità della normativa è il riconoscimento al minore, che abbia compiuto quattordici anni, della facoltà di richiedere la nomina di un curatore speciale che lo assista, ai sensi dell'articolo 473-bis 8 c.p.c.

Pertanto il giudice, nell'espletamento dell'ascolto, in presenza di minorenni che hanno raggiunto i quattordici anni di età, deve anche informarli della possibilità loro riservata di avvalersi di un curatore speciale.

È disposta, come regola, la videoregistrazione dell'ascolto, ma nel caso in cui per problemi tecnici, non vi si potesse accedere, il processo verbale deve essere predisposto in modo tale da descrivere minuziosamente il contegno tenuto dal minore durante tutto il suo iter.

La più rilevante novità della Riforma Cartabia in tema di ascolto scaturisce dall'articolo 473-bis 6 c.p.c. che riguarda in maniera specifica l'ascolto del minore nei casi in cui rifiuti uno o entrambi i genitori.

In questi casi il giudice provvederà all'ascolto senza indugio, assumendo sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e potendo anche disporre l'abbreviazione dei termini processuali. È questa una norma molto importante per tutelare al meglio i diritti dei minori e la loro sana crescita emotivo-relazionale.

Infatti in tal modo il giudice potrà comprendere le vere cause del loro rifiuto, che possono essere diverse, ma fondamentalmente suddividersi in due specifici gruppi:

  • Cause provocate da condotte irresponsabili e devianti di un genitore abusante o maltrattante; in tali casi il minore esprime il suo forte disagio attraverso il rifiuto. È pertanto importante procedere con immediatezza all'ascolto per evitare al minore il reiterarsi ai danni suoi o di altri familiari di condotte abusanti o maltrattanti fisicamente o psicologicamente, altamente nocive e dannose alla sua personalità;
  • Cause del rifiuto di un genitore indotte nel minore dall'altro genitore e provocate dal grave conflitto vissuto dal padre e dalla madre nell'iter processuale di una accesa separazione.

In tali situazioni si ha la coartazione psicologica del figlio, che, inconsapevolmente, respinge qualsivoglia approccio relazionale con uno dei due genitori, senza alcun ragionevole motivo, a causa di comportamenti anomali dell'altro genitore, detto incube, che, in sostanza, protendono a svalorizzare le capacità cognitive e decisionali del minore inducendolo ad un vero e proprio rifiuto del genitore cosiddetto succube.

È bene precisare come tale tipo di fenomeno relazionale disfunzionale sia stato definito da illustri esperti della psicologia forense quale grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo affettivo-relazionale del minore.

Pertanto si può ben comprendere l'importanza di tale norma introdotta dalla riforma Cartabia, che, prevedendo un ascolto urgente del minore nei casi di rifiuto, gli garantisce una rapida ed efficiente tutela dei suoi primari diritti. Infatti un rifiuto, provocato da comunicazioni manipolate da parte di uno dei due genitori, può causare nel minore una abnorme alterazione dei normali rapporti relazionali, deprivandolo dal diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori ex art. 337 ter del codice civile.

Ora non ci resta che attendere le varie prassi che si andranno ad elaborare presso i tribunali in merito all'applicazione concreta delle modalità di ascolto, auspicando che vengano stabilite delle Linee Guida nazionali che ne uniformino in maniera univoca l'attuazione nell'interesse prevalente dei minori.


Avv. Margherita Corriere

Presidente AMI sez. distrettuale Catanzaro-Cosenza


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