Maltrattamenti in famiglia e abuso di mezzi di correzione
Maltrattamenti in famiglia e non abuso di mezzi di correzione per il padre che prende a calci nel sedere il figlio che non studia. A pesare è anche il mettere in dubbio la sua paternità. Così la Cassazione con la sentenza n. 17558/2023 (sotto allegata).
Nella vicenda, il tribunale di Ravenna aveva riqualificato l'originaria imputazione nei confronti dell'uomo dall'art. 572 c.p. al reato di cui all'art. 571 c.p., con la condanna a 20 giorni di reclusione.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ravenna proponeva ricorso immediato per cassazione deducendo l'erronea qualificazione, come "abuso di mezzi di correzione", delle condotte violente poste in essere dall'imputato nei confronti del figlio minore e per aver escluso l'abitualita? delle condotte sulla base del solo dato relativo al numero dei comportamenti, omettendo di considerare la sistematicita? delle condotte di sopraffazione fisica e morale descritta dal minore il cui racconto e? stato reputato attendibile dal Tribunale.
Per la sesta sezione penale il procuratore ha ragione.
Il Tribunale ha riqualificato la condotta muovendo, innanzitutto, dall'analisi del capo di imputazione in cui sono state contestate all'imputato condotte di maltrattamento del figlio minore, consistite nel colpirlo con calci sul sedere, nel metterlo al corrente dei suoi dubbi sulla paternita?, nel chiuderlo fuori sul terrazzo e nel colpirlo con una cinta alla schiena. Il tribunale ha ritenuto di riqualificare le condotte nel reato di abuso di mezzi di correzione o di disciplina, considerando il loro carattere episodico e la loro correlazione al rendimento scolastico del minore.
La S.C. tuttavia ritiene che la sentenza impugnata sia incorsa nella dedotta violazione di legge qualificando erroneamente le condotte accertate in dibattimento ai sensi dell'art. 571 cod. pen.
"L'abuso, infatti - affermano gli Ermellini - presuppone l'eccesso nell'uso di mezzi di correzione o di disciplina in se? giuridicamente leciti. Tali non possono, tuttavia, considerarsi gli atti che, pur ispirati da un 'animus corrigendi' sono connotati dall'impiego di violenza fisica o psichica". Invero come gia? condivisibilmente affermato dalla S.C., "alla luce della linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, le condotte connotate da modalita? aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo ed educativo, che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalita? del minore (Sez. 6, n. 13145 del 03/03/2022, Rv. 283110)".
Pertanto, ribadiscono i giudici, "l'uso di qualunque forma di violenza fisica o psicologica a scopi educativi esula dal perimetro applicativo dell'art. 571 cod. pen.; cio? sia per il primato che l'ordinamento attribuisce alla dignita? della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non piu?, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perche? non puo? perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalita?, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice".
Da qui l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bologna.
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