Per il Palazzaccio, la mancanza della data di emissione della sentenza non è causa di nullità perché si può ricevere dagli atti del processo

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La mancanza della data di emissione della sentenza non è causa di nullità allorché questa si possa ricavare con esattezza dagli atti del processo. Così la prima sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 7366/2023 (sotto allegata).

Nella vicenda, la Corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza di primo grado di condanna, all'esito del giudizio abbreviato, a un anno e 4 mesi di carcere (oltre a 400 euro di multa) nei confronti di un uomo ritenuto responsabile di detenzione illegale di armi da guerra all'interno della propria abitazione, oltre che di ricettazione.

Tramite il proprio difensore, l'uomo adiva il Palazzaccio, lamentando, tra i vari motivi, che la corte d'appello non aveva emendato il vizio di nullita? di cui era affetta la sentenza di primo grado, che non indicava la data di emissione ma soltanto quella di deposito.

Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile su vari fronti oltre che manifestamente infondato. In ordine alla mancanza dell'indicazione della data di emissione della sentenza di primo grado, effettivamente risultante, la stessa, ricordano i giudici non è sanzionata con la nullità dell'atto. Come disposto, infatti, dall'art. 546 c.p.p., "la sentenza e? nulla, oltre che nel caso di carenza assoluta di motivazione, se manca o e? incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice".

Come precisato dalla giurisprudenza di legittimita?, la mancanza della data "non e? causa di nullita? allorche? questa si possa ricavare con esattezza dagli atti" (cfr. Cass. n. 19156/2017).

Peraltro, osservano ancora da piazza Cavour, la Corte di appello ha provveduto ad indicare, senza alcuna incertezza, la data di emissione della sentenza di primo grado, "a dimostrazione inequivoca del fatto che essa e? evincibile agevolmente dagli atti del processo".

Per cui ricorso inammissibile e ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e a tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Scarica pdf Cass. n. 7366/2023

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