Una storia di passione, professionalità, tenacia e femminismo. La professione legale al femminile: dalla vicenda della Poët, prima donna avvocato in Italia, ai giorni nostri

Chi era Lidia Poët

[Torna su]

Lidia Poët nacque, nel 1855, da una agiata famiglia Piemontese.

Da adolescente, ottenuto il diploma di maestra, decise di continuare gli studi e iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza.

Si laureò nel 1881, discutendo una tesi, dal titolo "Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale ed al diritto amministrativo nelle elezioni".

Il suo percorso verso l'Avvocatura

[Torna su]

Appena laureata, dedicò due anni alla pratica forense e, successivamente, affrontò l'esame di abilitazione alla professione forense, ottenendo un ottimo risultato.

In possesso di tutti i requisiti necessari, chiese l'iscrizione all'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino.

Fu così che, nel 1883, il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Torino, non senza qualche spaccatura al suo interno, decise di iscrivere la dottoressa Lidia Poët, la prima donna in Italia, all'albo degli avvocati.

La tortuosa strada verso il sogno dell'Avvocatura

[Torna su]

Il procuratore generale del Regno, però, mise in dubbio la legittimità dell'iscrizione ed impugnò prontamente la decisione, ricorrendo alla Corte d'Appello di Torino.

Pochi mesi dopo l'iscrizione della Poët all'Albo degli Avvocati di Torino, la Corte di Appello accolse la richiesta del Procuratore ed ordinò la cancellazione dall'albo.

Un'esclusione giustificata, secondo la Corte, dalla debolezza caratteriale, la fisica cagionevolezza, l'incapacità intellettuale, la volubilità del genere femminile, tendente, a parere dei giudici, all'uso di acconciature bizzarre o di abiti frivoli, non essendo in grado, in tal mondo, di avere la serietà e la moralità richieste per il corretto svolgimento della professione forense.

La Poët non si arrese e presentò tempestivamente un ricorso alla Corte di Cassazione che, con la sentenza del 18 aprile 1884, confermò la decisione della Corte d'Appello.

Dunque, non fu consentito alla Dottoressa Poët di esercitare la sua professione, ma lei, con caparbietà, decise di collaborare con il fratello Enrico, famoso avvocato, e si impegnò sempre per la difesa dei più deboli.

La svolta si ebbe, solamente nel 1919, quando il Parlamento approvò la Legge Sacchi, che autorizzava ufficialmente le donne ad entrare a far parte dei pubblici uffici, eccezion fatta per la magistratura, la politica e i settori militari.

Nel 1920, all'età di 65 anni, Lidia Poët poté finalmente presentare una nuova domanda di iscrizione all'Ordine degli Avvocati, che venne immediatamente approvata.

Così Lidia Poët iniziò subito ad esercitare la professione di avvocato ed a utilizzare finalmente il suo titolo professionale, di cui era stata privata per decenni.

Avvocatura e non solo

[Torna su]

A Lidia Poët, venne vietato l'ingresso in Tribunale, ma nessuno potè vietarle di partecipare attivamente a vari Congressi Penitenziari Internazionali, dove fu attiva per ben trent'anni, occupandosi dei diritti dei detenuti e dei minori, promuovendo l'istituzione dei Tribunali dei minorenni e affrontando il tema della riabilitazione dei detenuti attraverso l'educazione e il lavoro.

Nel 1922, la Poët divenne anche la presidente del Comitato italiano pro voto alle donne, a sostegno del suffragio universale femminile.

Nel 1939, all'età di 84 anni, l'Avvocatessa si recò in Corte d'Assise per ascoltare l'arringa ed applaudire la famosa collega penalista Lina Furlan, che abbracciò al termine della lettura della sentenza di assoluzione per una donna, che era accusata di infanticidio.

Alla Poët vennero tributati numerosi riconoscimenti: a lei sono dedicate scuole, vie e un cippo commemorativo nei giardini del palazzo di Giustizia di Torino, nonchè, una serie tv Netflix sulla sua vita.

Le donne avvocato ai giorni nostri

[Torna su]

Nel Rapporto Censis sull'Avvocatura 2022, si è fatto il punto sul fenomeno della cosiddetta "femminilizzazione" della professione legale.

Si tratta di un lungo processo che ha portato le donne ad una più ampia partecipazione nel mondo delle professioni, grazie anche ad un più agevolato accesso all'Università.

Attualmente, il 47,7% degli avvocati iscritti è costituito da donne.

Dai dati raccolti risulta che il reddito medio delle donne avvocato è più basso rispetto a quello dell'insieme degli iscritti e, in tutte le fasce d'età, si rinviene un reddito che è meno della metà rispetto agli avvocati uomini.

Le avvocatesse, al giorno d'oggi, non patiscono solo un c.d. gap economico, ma, spesso, non viene riconosciuta a pieno la loro professionalità.

Lidia Poët ha lasciato passione e tenacia a tutte le donne che vogliono intraprendere la professione d'avvocato: la strada da percorrere verso una professione senza divari in ambito economico e di genere sarà come quella di Lidia verso il suo obiettivo: lunga e tortuosa.

La stessa Poët, però, ci ha insegnato che tutto si può raggiungere con volontà e caparbietà.


Foto: it.wikipedia.org
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: