Non si può sindacare in sede di legittimità la valutazione equitativa del giudice sull'importo da riconoscere all'avvocato a titolo di risarcimento per un'offesa subita in Tribunale se la motivazione è logica e coerente

Avvocato offeso in tribunale

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Confermato dalla Cassazione il risarcimento di 500 euro riconosciuto all'avvocato, che si è visto insultare da un cliente in Tribunale dopo il rifiuto del professionista di accettare la proposta di controparte.

Per la Cassazione infatti l'offesa non aveva un contenuto tale da ledere la dignità professionale dell'avvocato perché palesemente generica. La stessa era dettata più da un sentimento di astio per il rifiuto della proposta di controparte. Non si può comunque sindacare la decisione assunta dal giudice di merito di stabilire il risarcimento in via equitativa. Il legale vede quindi respinto il suo ricorso con l'ordinanza della Cassazione n. 27282/2022 (sotto allegata).

Risarcimento meramente simbolico e incongruo

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Un avvocato agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito da un cliente che lo ha insultato, ledendone l'onore, all'interno di un Tribunale definendolo "avvocato di c….o."

Sia il Tribunale che la Corte di Appello ritengono congruo il riconoscimento all'avvocato, a titolo risarcitorio, dell'importo di 500 euro. Per i giudici di merito trattasi si un'offesa palesemente generica, frutto di astio più che dettata dalla volontà di ledere l'onore e offendere l'avvocato nella sua professionalità.

L'avvocato però non è contento dell'esito del giudizio e della somma modesta riconosciuta, per cui decide di ricorrere in Cassazione, innanzi alla quale solleva i seguenti motivi.

  • Prima di tutto per il professionista la sentenza
    risulta lesiva degli articoli 1226 cc e 2043 c.c. perchè i giudici hanno effettuato una liquidazione equitativa del danno alla persona, riconoscendo un risarcimento del tutto simbolico, che non è congruo rispetto all'offesa ricevuta.
  • Con il secondo rileva la nullità della sentenza perché la motivazione della sentenza risulta apparente.
  • Censura poi l'omesso esame di fatti decisivi fini del decidere poiché in sede di merito sono state trascurate completamente le modalità di commissione dell'illecito e il contesto in cui l'offesa gli è stata rivolta.
  • Ritiene poi che la Corte abbia errato nel giudicare tardiva la produzione di pronunce utili ai fini del decidere da parte sua.

Motivazione logica e congrua, importo adeguato

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Ricorso rigettato però da parte della Cassazione perché l'esercizio del potere discrezionale del giudice di liquidare il danno in via equitativa non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e coerente.

In questo caso particolare, la Cassazione rileva che il giudice di merito ha "negato la determinazione dell'importo liquidato alle circostanze costituite dall'avvenuta pronuncia dell'offesa, da parte del (…), immediatamente dopo il rifiuto del (…) di aderire alla transazione proposta dal difensore della controparte, e dalla conseguente connotazione, in termini di tenue intensità, dell'elemento psicologico a fondamento dell'offesa (atteso il relativo carattere maggiormente legato alla rabbia provata per la mancata accettazione della transazione che non alla volontà di of- fendere la persona del …), risulta aver dato conto in modo sufficientemente congruo del peso specifico attribuito ad ognuno degli indici valorizzati, in modo da rendere evidente il percorso logico seguito."

La motivazione non risulta quindi apparante, perché per essere ritenuta tale essa deve mancare del tutto o risultare contraddittoria o incongrua in misura tale da non rendere possibile comprendere le ragioni della decisione. Difetti che la Cassazione non rileva nel caso di specie. Al contrario la decisione appare lineare, logica e coerente sulla questione della misura contenuta del risarcimento.

Inammissibile il motivo sull'omesso fatto decisivo ai fini del decidere poiché esso non comprende l'omesso esame di elementi istruttori e inammissibile anche l'ultimo motivo per carenza di interesse perché la non ammissione di precedenti giurisprudenziali non ha pregiudicato la difesa, che ben poteva utilizzare il materiale per argomentare la comparsa conclusione.

Scarica pdf Cassazione n. 27282/2022

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