La Consulta boccia la disposizione che dispone la censura della corrispondenza del detenuto al 41 bis senza escludere quella che scambia con il difensore

Incostituzionale censurare la corrispondenza

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La Consulta boccia la disposizione dell'art. 41 bis, che prevede il visto di censura della corrispondenza inviata dal detenuto, senza escludere da questa quella indirizzata al proprio difensore. In questo modo infatti non solo si viola il diritto di difesa del detenuto, già sottoposto a limiti stringenti nelle comunicazioni con i terzi, ma non si ottiene comunque il risultato d'impedire al detenuto d'intrattenere rapporti con l'organizzazione mafiosa di appartenenza, perché possono essere impiegati comunque altri mezzi. Questa la decisione della Consulta contenuta nella sentenza n. 18/2022 (sotto allegata).

La questione di legittimità sollevata dalla Cassazione

La Cassazione promuove giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera e), della legge 26 luglio 1975, n. 354, per la violazione degli articoli artt. 3, 15, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione (quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo CEDU), nella parte in cui prevede, per i detenuti sottoposti al regime di cui al comma 2 e seguenti dello stesso art. 41-bis ordinamento penitenziario, la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, senza escludere quella indirizzata ai difensori."

Trattenuto il telegramma inviato dal detenuto al 41 bis al difensore

La vicenda da cui prende sputo la questione sollevata innanzi alla Consulta riguarda il trattenimento, da parte del Tribunale, di un telegramma che il detenuto al 41 bis (ritenuto esponente di vertice di un'associazione di stampo mafioso), ha inviato al suo difensore, motivando al sua decisione con la "sussistenza di un pericolo per l'ordine e la sicurezza pubblica, connesso all'ambiguità del contenuto della missiva, composta da una serie di periodi non legati da un filo logico in grado di rendere coerente e comprensibile il testo nella sua interezza." Decisione contro la quale il detenuto aveva sollevato ricorso in Cassazione e che la Cassazione mette in dubbio davanti alla Consulta.

La norma viola il diritto di difesa

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La Cassazione fa presente prima di tutto che il controllo sulla corrispondenza dei detenuti e degli internati è disciplinato dall'art. 18-ter ordin. penit., che però esclude ogni forma di controllo e di limitazione della corrispondenza indirizzata anche ai difensori.

La disposizione segnalata dalla Cassazione quindi è legge speciale perché consente "all'autorità preposta non solo di prendere visione della generalità della corrispondenza del detenuto o dell'internato, compresa quella con il proprio difensore; ma anche di bloccarne l'inoltro, ovvero di non procedere alla sua consegna al detenuto o all'internato."

La norma pertanto, per la Cassazione, si pone in contrasto con i seguenti articoli della Costituzione

  • art. 15 che tutela la segretezza della corrispondenza;
  • art. 24 che garantisce il diritto di difesa
  • art 3 che sancisce il principio idi uguaglianza
  • art. 111, che detta le regole del giusto processo
  • art. 117 comma 1 che sancisce la potestà legislativa statale.

Per gli Ermellini infatti è irragionevole equiparare il difensore agli interlocutori non qualificati del detenuto, soprattutto se la comunicazione a mezzo corrispondenza viene confrontata con i colloqui visivi e telefonici con i difensori, che non sono sottoposti al controllo auditivo e alla videoregistrazione, previsti invece per i colloqui con i familiari.

La censura sulle missive indirizzate al difensore pertanto e il loro trattenimento, penalizzano senza ragione e inutilmente il diritto di difesa senza peraltro eliminare del tutto il pericolo di un ipotetico scambio d'informazioni con un altro mezzo di comunicazione.

Diritto di difesa violato dalla censura

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Per la Consulta le questioni sollevate dalla Cassazione sono ammissibili anche perché, la stessa Corte Costituzionale non ha mancato, in diverse circostanze di qualificare come principio supremo, il diritto di difesa, attribuendo allo stesso un rilievo ancora superiore se riguarda soggetti in regime di detenzione, perché la loro condizione li pone in una condizione di svantaggio difensivo.

Ricorda poi che per la Corte Europea il diritto della riservatezza nella corrispondenza "è funzionale anche a esercitare il diritto alla difesa tecnica (…) in capo ad ogni persona accusata di un reato; diritto il cui esercizio implica la possibilità di comunicare liberamente con il proprio avvocato."

Per la Consulta "Non v'è dubbio che la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza con il proprio difensore, discendente dalla disposizione censurata, costituisca una vistosa limitazione del diritto in questione. La procedura di visto comporta, infatti, l'apertura della corrispondenza da parte dell'autorità giudiziaria o dell'amministrazione penitenziaria delegata, la sua integrale lettura e il suo eventuale "trattenimento"-ossia la mancata consegna al destinatario, sia questi il difensore o lo stesso detenuto o internato. Tale procedura comporta dunque in ogni caso, oltre a un rallentamento della consegna della corrispondenza, il venir meno della sua segretezza; e può determinare, altresì, l'impedimento radicale della comunicazione, sulla base del giudizio discrezionale dell'autorità che esercita il controllo."

Vero che il diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza con il proprio difensore non è assoluto, ma può andare incontro a dei limiti, così come del tutto legittimi sono i limiti posti ai diritti fondamentali dei detenuti. Occorre però considerare, in relazione al regime dei detenuti al 41 bis, che la disposizione oggetto di censura non è idonea a impedire che il detenuto o l'internato possano continuare a intrattenere rapporti con l'organizzazione criminale di appartenenza, e a svolgere così ancora un ruolo attivo al suo interno, perché "il temuto scambio di informazioni tra difensori e detenuti o internati potrebbe comunque avvenire nel contesto dei colloqui visivi o telefonici, oggi consentiti con il difensore in numero illimitato, e rispetto al cui contenuto non può essere operato alcun controllo."

Illegittima quindi la disposizione censurata per contrasto con l'art. 24 Cost. "nella parte in cui non esclude dalla sottoposizione a visto di censura la corrispondenza intrattenuta con i difensori."

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Scarica pdf Corte Costituzionale sentenza n. 18 del 24.01.2022

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