Secondo la Suprema Corte, non è applicabile l'aumento di pena previsto dall'art. 81 c.p. quando la condotta persecutoria ha il suo epilogo nell'omicidio della vittima

Omicidio aggravato dallo stalking come fattispecie unitaria

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Con la sentenza n. 38402/2021, depositata il 26 ottobre 2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono espresse sulla configurabilità o meno del concorso di reati tra le fattispecie dell'omicidio aggravato e dello stalking.

Al proposito, la Suprema Corte ha negato tale possibilità, enucleando un nuovo principio di diritto, secondo cui "la fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell'agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi degli artt. 575 e 576 comma primo n. 5.1 cod. pen. (…) integra un reato complesso, ai sensi dell'art. 84, primo comma cod. pen., in ragione dell'unitarietà del fatto".

La vicenda trae origine da un tragico episodio avvenuto in ambito lavorativo, in cui la condotta persecutoria di un dipendente ai danni di un altro è degenerata in un'aggressione fisica che ha causato il decesso di quest'ultimo.

Con la sentenza in esame, le SS.UU. chiariscono che si tratta di una fattispecie di reato complesso, poiché il fatto è da considerarsi unitario.

Al riguardo, il dato normativo più rilevante, sul tema in oggetto, è rappresentato dall'aggravante prevista dall'art .576 primo comma n. 5.1 c.p., secondo cui l'omicidio è da considerarsi aggravato quando sia commesso dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612 bis (cioè il reato di atti persecutori, anche noto come stalking) nei confronti della stessa persona offesa.

Sul punto, sciogliendo un precedente contrasto giurisprudenziale, la Suprema Corte ha chiarito che la ratio sottesa all'aggravante in esame non risiede nel solo fatto che i due reati siano stati commessi dalla stessa persona, come ritenuto da alcune precedenti sentenze della Corte stessa.

Tale aggravante, invece, è più specificamente tesa a sanzionare il fatto che l'omicidio rappresenta lo sviluppo della condotta persecutoria nei confronti della medesima persona.

I due reati, in altre parole, non sono accomunati dalla semplice circostanza di essere stati commessi dallo stesso autore, né dalla mera contestualità, ma presentano una vera e propria "prospettiva finalistica unitaria".

Quale sia tale prospettiva sono gli stessi Ermellini a chiarirlo, quando, ricostruendo la fattispecie concreta sottoposta al loro esame, evidenziano che "il fatto omicidiario contestato, ultimo degli atti persecutori oggetto della relativa imputazione e (…) in linea continuativa con i precedenti, è indiscutibilmente contestuale alla conclusione della condotta persecutoria e inserito nella stessa prospettiva finalistica di annichilimento della personalità della vittima".

Reato di stalking assorbito dall'omicidio aggravato

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L'odierna ricostruzione delle Sezioni Unite individua nella fattispecie in esame un reato complesso, che postula l'assorbimento del reato di stalking in quello di omicidio aggravato dagli atti persecutori.

In tale ottica, quindi, i comportamenti persecutori che hanno preceduto l'omicidio non possono essere considerati autonomamente ai fini della configurabilità del reato ex art. 612 bis c.p.

Quest'ultima figura di reato, pertanto, non deve essere presa in considerazione nel calcolo della pena complessiva.

Dal concorso di reati al reato complesso

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Per comprendere meglio la portata della decisione della Suprema Corte è opportuno ricordare che, nella vicenda in oggetto, i giudici della Corte d'assise di appello avevano ritenuto sussistente l'omicidio aggravato, ma avevano ricostruito la fattispecie secondo lo schema del reato continuato, che, ai sensi dell'art. 81 c.p., ricorre quando un soggetto, "con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge".

Il reato continuato, va ricordato, rappresenta un'ipotesi speciale di concorso di reati.

In base a tale ricostruzione, i giudici d'appello avevano sanzionato il colpevole, prendendo in considerazione sia la pena prevista per l'omicidio aggravato, sia quella prevista per il reato di stalking, e ciò sulla base di un precedente indirizzo giurisprudenziale.

L'odierna sentenza, invece, stabilisce che, non essendo configurabile una duplicazione della risposta sanzionatoria dello Stato per gli stessi fatti, nel computo della pena devono essere considerate solo le disposizioni in tema di omicidio aggravato e non quelle relative allo stalking, in quanto tale reato è da considerarsi assorbito dal primo.

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