Accolto dal Tribunale di Milano il ricorso di un'ausiliaria sospesa dal lavoro senza retribuzione dalla datrice per non essersi sottoposta alla vaccinazione anti Covid

Accolto il ricorso dell'Oss contro la sospensione senza retribuzione

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La sentenza n. 2316 del 15 settembre 2021 emessa dalla Sezione Lavoro del Tribunale di Milano (sotto allegata) riconosce l'illegittimità della sospensione non retribuita di una ausiliaria socio assistenziale, con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso una Cooperativa privata, irrogata a causa del rifiuto della stessa di sottoporsi alla vaccinazione anti covid.

Il difensore della lavoratrice, Avv. Mauro Sandri, ha ottenuto l'accoglimento del ricorso, invocando il mancato rispetto dell'obbligo di ricollocamento da parte della Cooperativa datrice e facendo presente che il provvedimento che ha introdotto l'obbligo vaccinale per i sanitari è entrato in vigore dopo l'adozione del provvedimento di sospensione. Ora, però vediamo più in dettaglio che cosa è successo.

La datrice invoca l'obbligo di tutelare la salute di ospiti e dipendenti

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Una ausiliaria socio assistenziale viene sospesa dal lavoro senza retribuzione per il mancato adempimento della vaccinazione anti covid in data 9 febbraio 2021, ossia prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 44/2021.

Per la Cooperativa datrice il provvedimento deve considerarsi legittimo in base a quanto previsto dall'art. 2087 c.c., il quale contempla l'obbligo a carico del datore di lavoro di "adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

La sospensione del resto è disposta al fine di "adottare tutte le misure per la migliore tutela dei propri collaboratori, degli Ospiti e di tutti gli utenti e la vaccinazione anti-Covid19 in capo a tutti gli Operatori è requisito fondamentale per la corretta prosecuzione dell'attività".

Obbligo di vaccinazione assente e mancato assolvimento ricollocazione

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La difesa della lavoratrice ricorrente fonda la sua difesa fondamentalmente su due argomenti.

Prima di tutto il difensore fa presente che il datore di lavoro non può, in assenza di una legge specifica che a ciò lo autorizzi, imporre al proprio dipendente un trattamento sanitario, come quello della vaccinazione anti covid del caso di specie, prevedendo come conseguenza la perdita, anche se temporanea, del posto di lavoro.

In secondo luogo la datrice ha violato l'obbligo di ricollocamento, che impone di dimostrare la sua impossibilità di poter impiegare l'ausiliaria in mansioni equivalenti o di livello inferiore, riconoscendole lo stesso trattamento economico.

Il difensore della lavoratrice ricorda inoltre che il 1° aprile 2021 è stato emanato il Decreto-legge n. 44 del 2021, che all'art. 4 co. 1 prevede l'obbligo vaccinale per i sanitari, le modalità di accertamento del rispetto dell'obbligo vaccinale e le conseguenze in caso di mancato assolvimento.

La normativa però è intervenuta dopo l'adozione del provvedimento di sospensione, per cui la decisione della Cooperativa non trova giustificazione e legittimazione, in quanto adottata in assenza dell'imposizione dell'obbligo vaccinale da parte del nostro legislatore. Senza considerare, come già precisato, che nel nostro ordinamento manca una norma che attribuisce al datore di lavoro il potere di imporre ai propri dipendenti un trattamento sanitario.

In ogni caso, anche volendo sostenere l'applicazione al caso di specie dell'obbligo vaccinale introdotto dalla normativa nel frattempo intervenuta, alla datrice di dovrebbe contestare il mancato rispetto della procedura prevista dal dl n. 44/2021.

Il datore infatti avrebbe potuto procedere all'adozione del provvedimento di sospensione senza retribuzione solo dopo una procedura complessa, che si sarebbe dovuta concludere con l'accertamento da parte della azienda sanitaria locale del mancato adempimento dell'obbligo vaccinale e con la prova da parte della Cooperativa datrice di trovarsi nella impossibilità di destinare la dipendente a una mansione equivalente o inferiore, garantendo la stessa retribuzione.

Ricollocamento non rispettato e restituzione stipendi

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Il Tribunale di Milano ha accolto le argomentazioni esposte a difesa della lavoratrice, disponendone non la reintegra, perché comunque non vaccinata, ma accertando la illegittimità del "provvedimento di collocamento in aspettativa non retribuita della (...), con limitazione alla sospensione della retribuzione che, conseguentemente, il datore di lavoro sarà tenuto a corrispondere dalla data di sospensione sino all'effettiva riammissione in servizio o all'adozione di provvedimento legittimo di sospensione della prestazione lavorativa, all'esito dell'esperimento della procedura di legge".

Fondata la tesi della difesa relativa al mancato assolvimento da parte della datrice dell'obbligo di ricollocamento della lavoratrice, che viene meno solo nel caso in cui si dimostri l'impossibilità di ricollocarla in una posizione equivalente o inferiore. Onere probatorio che nel caso di specie non è stato assolto dalla Cooperativa.

Fondata altresì e soprattutto la tesi che si fonda sull'assenza di un potere del datore di lavoro di imporre la vaccinazione. Conclusione che il Tribunale precisa nel seguente modo: "Non può, del pari, addursi in senso contrario la determinazione della cooperativa di richiedere la vaccinazione a tutto il personale presente in RSA, compresi amministrativi, operatori di assistenza domiciliare e addetti alle pulizie ed ai servizi di cucina non potendosi, in assenza di obbligo vaccinale generalizzato, che operare una ponderata comparazione tra l'interesse alla salute, prioritariamente riferito ai soggetti fragili, e quello al lavoro."

E comunque il provvedimento adottato sarebbe comunque illegittimo, anche alla luce del decreto n. 44/2021. Nel caso di specie non sono stati infatti rispettati i vari step procedimentali necessari prima di giungere alla sospensione senza retribuzione della ausiliaria che non si è sottoposta alla vaccinazione anti Covid.

Alla donna vanno quindi restituite tutte le retribuzioni maturate dalla sospensione più interessi e rivalutazione.

Scarica pdf Tribunale Milano n. 2316/2021
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Foto: 123rf.com
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