Per la Cassazione, l'interesse superiore dei figli impone al sistema di tendere al ripristino della bigenitorialità e al superamento della conflittualità

Affidamento figli

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La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 24637 del 13 settembre 2021, si è espressa in materia di filiazione e affidamento della prole confinando a soluzioni meramente residuali l'ipotesi dell'affidamento ai servizi sociali o esclusivo ad uno solo dei genitori.

Il caso

La vicenda che ha dato origine al contenzioso giunto sino alla Corte di Cassazione vedeva una coppia di genitori, ormai separata, destinataria di un provvedimento con cui la Corte di Appello di Roma (decreto del 4 luglio 2019), affidava il figlio minore, nato fuori dal matrimonio, ai Servizi Sociali a causa della grave e perdurante conflittualità dimostrata, tale da rendere impossibile il raggiungimento del seppur minimo accordo necessario alla gestione del rapporto genitoriale. I giudici dell'appello affermavano che sulla base delle relazioni dei Servizi Sociali era evidente l'incapacità dei genitori di anteporre l'interesse del minore al risentimento reciprocamente provato per la fine della relazione. Così, nel merito, i genitori venivano descritti come non in grado di concordare eventuali modifiche alle frequentazioni stabilite o possibili recuperi o stabilire il luogo dove restituire il bambino, producendo quale conseguenza che quest'ultimo assumesse comportamenti a grave rischio psicopatologico.

La Corte di Appello ammoniva dunque i genitori a comportarsi secondo un modello genitoriale corretto, tale da assicurare la presenza di entrambe le figure al figlio. I genitori impugnavano la decisione e, in particolare, il padre nel ricorso incidentale affermava che in appello i giudici non avessero tenuto conto delle risultanze della CTU, né dell'esatto contenuto della relazione dei Servizi Sociali citata nel decreto, ove si evidenziava un ottimo rapporto della prole con entrambi i genitori.

La funzione del collocamento del minore presso i Servizi Sociali

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La Corte di Cassazione nel decidere la controversia si esprime preliminarmente sull'esatta funzione dell'istituto del collocamento dei minori ai Servizi Sociali, alla luce del principio di bigenitorialità.

Sul tema i giudici di legittimità affermano che si possa addivenire a disporre il collocamento presso i Servizi Sociali solo ove ciò concorra a ripristinare una condivisa bigenitorialità, a tutela dell'interesse del minore. Ed invero, nel raggiungimento di tale obiettivo acquistano ruolo fondamentale proprio i Servizi Sociali chiamati a supplire all'assenza dei genitori chiamandoli altresì ad intraprendere un percorso terapeutico volto all'affermazione del reciproco rispetto nella relazione col figlio.

Il principio della bigenitorialità

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La Corte sottolinea altresì che non solo la funzione, ma anche l'operatività, del descritto istituto del collocamento presso i Servizi Sociali vadano in ogni caso contemperati con il principio della bigenitorialità da garantirsi nell'interesse superiore del minore. E così il sistema in parola ha l'onere di tutelare la prole garantendo la presenza comune dei genitori i quali, a loro volta, hanno il dovere di cooperare nell'assistenza, educazione e istruzione dei figli, creando salde consuetudini di vita e relazioni affettive. Regola generale da applicare è dunque quella dell'affidamento condiviso dei figli, salva l'emersione di casi di grave e manifesta inidoneità di uno dei genitori a svolgere il ruolo di educatore, tale da rendere l'affidamento in concreto pregiudizievole per il figlio.

Affidamento figli e bigenitorialità: la decisione della Cassazione

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La Suprema Corte torna dunque all'esame della vicenda per escludere che nella specie vi fosse stata una grave conflittualità tra i genitori, non ravvedendo la stessa nemmeno al cospetto di un fenomeno di paralisi decisionale, dato dal mancato raggiungimento di un accordo circa l'organizzazione quotidiana della vita del figlio.

Evidenzia infatti la Corte che in tutti i casi si sia trattato di decisioni prive di quel carattere di specificità e di rilevanza nella sfera personale e patrimoniale del minore tali da non poter prevalere nel bilanciamento con il principio della bigenitorialità.

L'affidamento condiviso può, dunque, essere derogato quale regola generale di regolazione dei rapporti di filiazione, solo nei casi in cui dallo stesso derivi un nocumento all'interesse del minore.

Stante la portata del principio di bigenitorialità, di per sé sufficiente a influenzare l'ambito di operatività dell'istituto del collocamento dei minori presso i Servizi Sociali, la Corte ritiene che la decisione impugnata abbia non correttamente esaminato la CTU espletata nel giudizio di primo grado, valorizzando esclusivamente gli aspetti negativi del rapporto, consistenti nella perdurante conflittualità tra i genitori scaturente in una volontà di impossessarsi del figlio per punire l'altro genitore. Al contrario, la Corte ritiene dirimente la valutazione del rapporto tra i genitori come contraddistinto dalla capacità di giungere facilmente ad un accordo, in un'ottica di cogenitorialità, su questioni inerenti la vita del figlio, ragione in virtù della quale il CTU esprimeva la volontà di rivedere a distanza di tempo i genitori.

Per le ragioni esposte, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso incidentale, dichiara inammissibile il ricorso principale e cassa il decreto impugnato con rinvio alla Corte di Appello di Roma perché applichi i principi esposti.

Avv. Silvia Cermaria

Studio Legale Cermaria

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