Per il Tar Lazio niente inquadramento dei Giudici di Pace alle medesime condizioni economiche, previdenziali e assistenziali dei togati, mancando il reclutamento tramite l'apposito concorso

Allineamento professionale magistrati togati e onorari?

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In assenza del superamento del concorso previsto per l'accesso alla magistratura ordinaria, non possono ritenersi sussistenti le condizioni minime per l'equiparazione professionale tra magistrati onorari e ordinari. Dovrà occuparsi il giudice ordinario di valutare se sia possibile l'inquadramento dei Giudici di Pace in uno status diverso da quello della magistratura togata, ma comunque equiparabile ai fini della determinazione del trattamento economico, assistenziale e previdenziale.


Lo ha chiarito il Tar Lazio nella sentenza n. 9484/2021 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di alcuni magistrati onorari che avevano chiesto venisse loro riconosciuta, per il periodo di tempo di svolgimento delle funzioni, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero della Giustizia, alle stesse condizioni giuridiche, economiche, previdenziali e assistenziali dei magistrati ordinari.


I ricorrenti sostengono la contrarietà al diritto europeo della normativa nazionale riguardante i giudici onorari di cui al R.D. n. 12/1941, in vigore al momento della domanda giudiziale, come stabilito dalla Corte di Giustizia UE nella causa C-658/18. Ancora, affermano che lo stesso d.lgs. n. 116/2017, non disciplinando il periodo di lavoro per il quale è chiesto il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, sarebbe a sua volta in contrasto con la normativa europea.

Accesso alla magistratura ordinaria previo superamento del concorso

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Le motivazioni a sostegno della domanda, tuttavia, non convincono il Tribunale amministrativo che, in primis, rileva come i ricorrenti siano stati nominati Giudici di Pace all'esito di un procedimento che nulla ha a che vedere con quello finalizzato alla nomina dei magistrati ordinari, a partire dal non aver sostenuto il concorso specificamente previsto per l'accesso alla magistratura (di cui al d.lgs. n. 160/2006 e prima ancora del R.D. n. 12/1941).

Pertanto risulta "evidente che non sussistono le condizioni minime affinché il Collegio possa ritenere la sussistenza di un obbligo, per il Ministro della Giustizia, di nominare i ricorrenti magistrati ordinari, con effetto retroattivo al momento della rispettiva nomina, e quindi per ordinare al Ministro medesimo di adottare gli atti a ciò necessari".

Tra l'altro, il Tar rileva come la domanda formulata dai ricorrenti sia per lo più volta a contestare l'inquadramento dato alla loro attività (sotto il profilo economico, assistenziale e previdenziali) ritenuta da ricondurre allo statuto dei magistrati ordinari. Per ottenere tale risultato, gli istanti avrebbero dovuto dimostrare la sussistenza di tutte le condizioni legittimanti l'accesso in magistratura, cosa che invece non hanno fatto e che non è loro possibile a detta dei giudici amministrativi.

Il lamentato contrasto con il diritto europeo

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Non si ritengono rilevanti gli argomenti enfatizzanti la contrarietà al diritto europeo del trattamento riservato dallo Stato italiano ai Giudici di Pace e ai magistrati onorari: infatti, non avendo i ricorrenti superato il concorso previsto per la magistratura ordinaria, per accogliere la loro richiesta il Tar dovrebbe disapplicare le norme che prevedono il superamento delle citate prove concorsuali.

In sostanza, si dovrebbe affermare che quello specifico concorso non sia essenziale per il reclutamento dei magistrati e per lo svolgimento delle funzioni giudiziarie, potendosi prescindere dalla verifica di tale requisito al fine di inquadrare il rapporto intercorrente tra i ricorrenti ed il Ministero della Giustizia.

Tale soluzione, spiega il Collegio, non può ritenersi assolutamente praticabile, in quanto "si risolverebbe nella vera e propria disapplicazione di norme, relative all'accesso alla magistratura ordinaria, che sino ad ora non sono state fatte oggetto di esame e di censura da parte della Corte di Giustizia dell'Unione Europea".

Infatti, le pronunce invocate dai ricorrenti hanno esaminato le norme che disciplinano lo status dei Giudici di Pace e dei magistrati onorari, ma non anche le norme che disciplinano l'accesso alla magistratura ordinaria, della cui conformità al diritto europeo non vi è dunque ragione per dubitare.

Anzi, neppure si può dubitare della legittimità costituzionale delle norme che disciplinano l'accesso alla magistratura ordinaria, prevedendo la necessità di superare il concorso suddetto in quanto è necessario assicurare, in conformità a quanto previsto dall'art. 106, comma 1, della Costituzione, che la nomina dei magistrati sia legata solo al riscontro dell'elevata professionalità ed avvenga in modo indipendente dal circuito della politica.

Rapporto di lavoro subordinato atipico?

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Nonostante le istanze vengano per lo più respinte, il Giudice amministrativo rileva che le domande formulate potrebbero essere interpretate anche nel senso che i ricorrenti richiedano che venga riconosciuto nei loro confronti la sussistenza di un rapporto di lavoro pubblico subordinato atipico.

Si tratterebbe, in pratica, di uno status non sussumibile in quello della magistratura ordinaria ma comunque tale da comportare, per lo Stato italiano, l'obbligo di inquadrarli nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico dipendente a tempo indeterminato, diverso da quello dei magistrati ordinari, ma comunque equiparabile al fine di determinare il trattamento economico, assistenziale e previdenziale. Dovendosi di ciò occupare il Giudice ordinario, il Tar provvede dunque a disporre la "translatio judicii".

Scarica pdf Tar Lazio sentenza n. 9484/2021

Foto: 123rf.com
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