Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione siciliana definisce i contorni della sfiducia al Presidente del Consiglio Comunale, in rapporto alla disciplina di rango primario e subprimario

Revoca del presidente del consiglio comunale: il caso

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Il Consiglio Comunale di un grosso centro siciliano ha approvato la mozione di revoca del Presidente del civico consesso in carica, con una maggioranza che, ai sensi dello statuto comunale era sufficiente, ma che, in applicazione della normativa regionale, doveva ritenersi non sufficiente.
Con sentenza della Prima Sezione del TAR Catania n. 339/2021 la delibera in questione veniva annullata.
Difatti, in applicazione del principio alla stregua del quale nel rapporto tra norme ordinarie e potestà normativa riconosciuta agli EE.LL., a questi ultimi sarebbe riservata la possibilità di derogare alle disposizioni normative nazionali o regionali, ma soltanto entro i limiti rappresentati dai principi generali fissati dal legislatore, il Giudice di prime cure aveva ritenuto che la "sfiducia" era stata votata in assenza del quorum richiesto dalla normativa regionale operante in materia.

Il giudizio di appello

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Proponeva appello il comune soccombente in primo grado e si costituiva in giudizio, supportando le difese dell'ente, anche il Presidente del Consiglio Comunale subentrato a seguito della sfiducia.
Il nodo da sciogliere riguardava, come in primo grado, il rapporto tra disciplina statutaria e disciplina dettata dalla legislazione regionale.
Sul tema, l'excursus compiuto dal CGA si presenta molto articolato ed interessante.
Secondo il Giudice Amministrativo di appello, la fonte statutaria va intesa come atto formalmente amministrativo ma sostanzialmente normativo atipico, di rango primario o subprimario, che nella gerarchia delle fonti va senz'altro anteposto alle fonti regolamentari ma, comunque, va considerato al di sotto delle leggi di principio.
In questo contesto, la previsione di un determinato quorum funzionale nella legge regionale, ai fini dell'approvazione della mozione di revoca, rappresenta secondo il CGA una norma di principio cui le disposizioni degli statuti comunali difformi devono ritenersi subordinate.
E infatti, spetta alla legislazione statale o a quella regionale, nel caso di specie in Sicilia, determinare i principi generali nelle materie riguardanti organizzazione e funzionamento degli enti locali, mentre allo statuto è riservata la disciplina di dettaglio.

Le conclusioni del CGA, con la sentenza n. 778 del 6 agosto 2021

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Effettuata tale premessa, il CGA ha considerato "principio generale" la previsione della maggioranza qualificata di almeno due terzi dei componenti del consiglio comunale per l'approvazione della mozione di revoca, che avrebbe peraltro imposto l'adeguamento statutario da parte dei comuni.
Ne deriva che la disciplina statutaria difforme deve ritersi eterointegrata, ove non adeguata, con riferimento al quorum funzionale per l'approvazione della mozione di revoca ed anche con riguardo alla adeguata motivazione della revoca.


Avv. Giovanni Francesco Fidone


Foto: 123rf.com
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