Per la Corte d'Appello di Milano, non integra il reato di diffamazione lo sfogo di una donna, delusa dal comportamento infantile dell'ex, in una chat privata con una persona

Il reato di diffamazione

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Il reato di diffamazione, per ritenersi integrato, richiede la volontà di recare offesa e nel farlo di ricorrere a mezzi di comunicazione capaci di raggiungere una pluralità di persone, con un minimo di due. Non c'è diffamazione quindi se una donna, delusa dal comportamento infantile dell'ex e certa di essere stata tradita, si sfoga con un amico dell'ex in una chat privata. Questi i chiarimenti forniti dalla Corte di Appello di Milano nella sentenza n. 984/2021 (sotto allegata).

Danni morali da diffamazione

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Un musicista cita in giudizio la ex per chiedere che la stessa venga condannata a risarcirgli i danni allo stesso arrecati ai sensi degli articoli 2043 e 2059 c.c. Per l'attore la convenuta lo avrebbe infatti denunciato all'Autorità giudiziaria senza alcun fondamento per il reato di atti persecutori, a cui è seguito l'ammonimento del Questore e il rinvio a giudizio. Tutto solo per vendicarsi della fine del loro rapporto sentimentale.

L'attore fa inoltre presente che la stessa lo avrebbe anche diffamato, ricorrendo a messaggi, email e post inviati a terzi al solo fine di screditarlo e isolarlo da amici e colleghi nell'ambiente musicale in cui era conosciuto.

Il Tribunale rigetta tutte le domande dell'attore, tranne quella relativa alla richiesta dei danni derivanti dal reato di diffamazione. Per questo condanna la convenuta al pagamento di 5000 euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale arrecato all'ex.

Diffamazione in una chat privata

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La ex ricorre a questo punto in appello, sollevando i seguenti motivi d'impugnazione.

  • Con il primo contesta la sentenza nella parte in cui, ritenendo integrato il reato di diffamazione
    ai danni dell'ex, l'ha condannata a risarcirlo, dal momento che le comunicazioni che controparte ha ritenuto offensive nei suoi riguardi, in realtà erano messaggi privati, destinati a rimanere tali. Dal tenore dei messaggi emerge inoltre la totale assenza di volontà e quindi di dolo nel recare offesa.
  • Contesta con il secondo motivo la liquidazione del risarcimento nella somma di 5.000 euro, visto che controparte non ha fornito alcuna prova al riguardo.
  • Con il terzo contesta la mancata indicazione in sentenza dei criteri a cui ha fatto ricorso il Tribunale nel liquidare i danni in favore dell'ex.
  • Con il quarto e ultimo motivo contesta il capo della sentenza che la condanna alle spese, chiedendo che le stesse siano piuttosto poste interamente a carico della controparte.

Non è diffamante la conversazione in chat senza volontà di offendere

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La Corte d'Appello, nell'accogliere l'appello, ripercorre i fatti causa di causa, riportando alcuni stralci delle conversazioni che, a intervalli di tempo, l'appellante ha intrattenuto con un conoscente dell'ex. Dai dialoghi emerge non un intento diffamatorio, quanto piuttosto un sentimento di delusione e una personale interpretazione degli atteggiamenti infantili dell'ex, incapace, per l'appellante, di affrontare i problemi e la vita in modo adulto.

La Corte d'Appello rileva infatti che "Anche espressioni marcatamente critiche utilizzate nell'occasione, per descrivere il narcisismo (…) del suo ex compagno ("piacione", "preferisce un rapporto malato") comunque non scadono mai nella denigrazione fine a sé stessa o nell'insulto e vanno lette nell'ottica anzidetta, quale sfogo privato di una amante che si crede tradita e che non si vuole ancora rassegnare."

La Corte precisa inoltre che "per integrare la fattispecie in esame, occorre anzitutto che la comunicazione delle asserite frasi offensive sia diretta ad una pluralità di destinatari (Cass. V sez. penale, 15 marzo 206,18919)."Condizione insussistente nel caso di specie, in quanto "i messaggi che circolano attraverso le nuove forme di comunicazioni, ove inoltrati non ad una moltitudine indistinta di persone ma unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo, come appunto nelle chat private o chiuse, devono essere considerati alla stregua della corrispondenza privata, chiusa e inviolabile ... che tale caratteristica è logicamente incompatibile con i requisiti propri della condotta diffamatoria, ove anche intesa in senso lato, che presuppone la destinazione delle comunicazioni alla divulgazione nell'ambiente sociale."

L'appello va quindi accolto e in virtù dell'accoglimento del primo motivo, restano assorbiti gli altri motivi dell'impugnazione.

Scarica pdf Corte Appello Milano n. 984/2021

Foto: 123rf.com
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