Domanda di rettificazione di attribuzione del sesso: ecco come la forma dell'atto introduttivo può abbreviare i tempi per completare il percorso di transizione

Rettifica sesso: citazione o ricorso?

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L'avvocato che deve introdurre in tribunale un procedimento di rettificazione di attribuzione del sesso dovrà optare per l'utilizzo della forma della citazione o del ricorso.

La differenza tra i due atti introduttivi incide notevolmente sulla durata del processo e, di riflesso, sugli interessi della parte che intende cambiare sesso e nome sui documenti.

Una premessa sulla differenza tra citazione e ricorso è quindi d'obbligo per giungere ad una conclusione interpretativa di vantaggio per la parte interessata.

Differenza tra citazione e ricorso

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La citazione è una domanda che parte attrice rivolge e notifica alla controparte convenuta, la quale deve garantire un termine non minore a 90 giorni tra il giorno della notificazione e quell'udienza di comparizione. Tuttavia, è necessario aggiungere anche il tempo necessario per l'attività di notifica e un ulteriore tempo per la fissazione dell'effettiva data di prima udienza. Nella prassi accade dunque che tra il giorno della notificazione e quello della prima udienza potrebbe passare un tempo di circa 150-160 giorni.

Il ricorso, invece, è una domanda che parte ricorrente rivolge al tribunale il quale, entro breve termine, fisserà l'udienza di comparizione con decreto. Nelle ipotesi in cui il giudice farà trasmettere il fascicolo al pubblico ministero senza onerare la parte alla notifica, tra il giorno del deposito del ricorso e quello della prima udienza potrebbe passare un tempo di circa 60 giorni (o 20 giorni presso i tribunali più celeri).

Questa differenza sul piano temporale è notevole per ogni procedimento giudiziario, ma in quello per la transizione di genere lo è maggiormente per gli interessi protetti costituzionalmente.

La previsione del D.Lgs. 150/2011

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Sulla base di queste premesse, l'indagine sull'opportunità di presentare la domanda di rettificazione del sesso con citazione o con ricorso deve prendere spunto dalla disposizione normativa dell'art. 31, comma 3, D.Lgs. n. 150 del 2011, che prevede «L'atto di citazione è notificato al coniuge e ai figli dell'attore e al giudizio partecipa il pubblico ministero».

Alla luce della suddetta disposizione normativa, può ritenersi che la domanda debba essere proposta al tribunale competente con atto di citazione allorché parte attrice sia unita dal vincolo del matrimonio oppure abbia dei figli (naturali oppure legittimi).

Allo stesso tempo, però, emerge che la norma in questione non prevede la forma dell'atto di citazione allorché la parte, in assenza di prole, non sia unita in matrimonio oppure sia divorziata.

Di conseguenza, la domanda per la rettificazione di attribuzione del sesso può essere presentata al tribunale competente anche con ricorso. Ciò presuppone che il ricorrente alleghi al ricorso anche il certificato di stato libero.

Troverà applicazione solamente la seconda parte dell'art. 31, comma 3, del D. Lgs. n. 150/2011, il quale dispone che «al giudizio partecipa il pubblico ministero». Mentre non si applicherà la prima parte del predetto articolo, nella parte in cui dispone che «l'atto di citazione è notificato al coniuge e ai figli».

La partecipazione del pubblico ministero e l'integrità del contraddittorio

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In assenza di coniuge e figli, il contraddittorio sarà integro con la sola partecipazione al giudizio del PM. Ormai, infatti, è principio consolidato quello secondo il quale l'introduzione del giudizio con ricorso nel rito camerale non produce alcuna nullità. Ad operare è la c.d. conversione degli atti nulli che abbiano raggiunto il loro scopo. Del resto, per il procedimento di rettificazione del sesso, avente ad oggetto esclusivamente la posizione dell'istante, non scaturisce un concreto pregiudizio per altre parti processuali (Cassazione, sentenza del 30 maggio 2013, n. 13639).

Sul punto, anche la giurisprudenza di merito più recente è ormai costante nell'affermare che "In materia di rettificazione del genere, la domanda può essere proposta nelle forme del ricorso, in luogo dell'atto di citazione come previsto dall'art. 31 d.lgs. n.150/2011, là dove la parte ricorrente risulti non coniugata e senza prole, si da doversi volgere la causa nel contraddittorio del solo Pubblico ministero: infatti, la proposizione della domanda nelle forme del ricorso non lede il contraddittorio e si presenta più consona ad assicurare le esigenze di celerità insite nel procedimento e connesse alla tutela della salute del ricorrente (Tribunale di Roma, sentenza 20.01.2017).

La prassi di alcuni tribunali

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Alcuni tribunali, per l'esperienza di chi scrive, seguono però una prassi alquanto lesiva per gli interessi di chi intende cambiare sesso e nome sui documenti.

Infatti, sebbene il procedimento di rettificazione del sesso venga introdotto con ricorso, alcuni giudici decidono di onerare la parte ricorrente a notificare il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza al pubblico ministero presso la Procura della Repubblica del tribunale adito. Questo costringe il ricorrente a doversi servire della notificazione che aveva voluto evitare, dal momento che aveva introdotto la domanda con ricorso.

La notifica del ricorso e del pedissequo decreto deve ovviamente avvenire con l'Ufficiale giudiziario dell'UNEP, posto che, ad oggi, non è possibile notificare con PEC al pubblico ministero nelle cause civili. Dal momento che viene seguita questa strada, anziché la più celere e opportuna strada della semplice trasmissione d'ufficio del fascicolo al pubblico ministero da parte della cancelleria, il giudice sarà costretto a fissa la prima udienza ad una data più lontana (nel rispetto dei termini a comparire e per consentire l'attività di notifica a mani o per posta al pubblico ministero).

Resta quindi opportuno, al momento del deposito del ricorso, chiedere espressamente al giudice di esonerare la parte ricorrente dalla notifica del ricorso e ordinare, invece, la trasmissione del fascicolo al pubblico ministero da parte della cancelleria civile.

Occorre infatti considerare che l'iter per cambiare sesso trova nel procedimento giudiziario solamente il terzo passaggio del percorso di transizione, preceduto da un primo iter psicoterapeutico e un secondo iter ormonale che già hanno impiegato un notevole tempo della persona in transizione. Per cui uno degli aspetti che merita maggiormente tutela per chi, con disforia di genere, intende rettificare il sesso, è proprio una breve durata del procedimento giudiziario.

In definitiva, l'introduzione della domanda con ricorso, con ordine alla cancelleria di trasmettere il fascicolo al pubblico ministero, consentirebbe alla persona che ha interesse a completare un percorso di transizione MtF o FtM nel più breve tempo possibile di accorciare i tempi processuali di 2-3 mesi. La tutela sarebbe piena sia sul piano del diritto alla salute, sia sul piano del diritto della personalità, in considerazione di una terapia ormonale mascolinizzante o femminilizzante già in atto per la parte ricorrente, la quale si ritrova documenti di riconoscimento difformi dall'aspetto esteriore mostrato in società.


Avv. Gianluca Piemonte, esperto nel procedimento di rettificazione di attribuzione del sesso

Gianluca Piemonte
Avvocato esperto in diritto civile e internazionale.
Fondatore dello Studio Legale Piemonte (https://studiopiemonte.com/).
Conosciuto per il focus sulla tutela dei diritti umani davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) e per i diritti legati alla disforia di genere nel cambio sesso.
Dal 2012 coordina lo staff legale di TuoRisarcimento (https://tuorisarcimento.it/) per voli in ritardo, cancellati e in overbooking.
Legal blogger per Matrilex (https://matrilex.it/).
Svolge attività di legal advisor per società straniere con sede in Europa e Russia.

Foto: 123rf.com