Secondo l'art. 549 c.p.p., il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica segue le norme del rito collegiale, se non diversamente disposto

La clausola di rinvio dell'art. 549 c.p.p.

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Il procedimento penale davanti al tribunale in composizione monocratica è regolato da norme parzialmente diverse da quelle che regolano il giudizio davanti al collegio o in corte d'assise, sebbene le differenze siano oggi meno marcate di quanto lo fossero in passato.

Non a caso, il libro del codice di rito dedicato al procedimento davanti al giudice monocratico si apre (art. 549 c.p.p.) con una clausola che dispone il rinvio, per tutto ciò che non sia specificamente previsto, alle nome che regolano il giudizio davanti al collegio, per quanto compatibili.

Attribuzioni del tribunale monocratico

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In generale, le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica sono individuate dall'art. 33 ter c.p.p., che ne individua la competenza:

  • per i reati in tema di spaccio, produzione e traffico di sostanze stupefacenti di cui all'art. 73 d.p.r. 309/90, se non ricorrono aggravanti;
  • e, in via residuale, in tutti i casi in cui non sia individuata l'attribuzione al collegio ai sensi dell'art. 33 bis c.p.p. (in linea di massima, quindi, per i delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a dieci anni).

Il tribunale monocratico, inoltre, svolge funzioni di giudice di appello contro i provvedimenti emanati dal giudice di pace in sede penale (per i reati di competenza di quest'ultimo, vedi la nostra guida generale).

Citazione diretta a giudizio

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Il procedimento penale davanti al tribunale monocratico può prevedere o meno lo svolgimento dell'udienza preliminare.

In particolare, l'art. 550 c.p.p. prevede i casi in cui il p.m. esercita l'azione penale con decreto di citazione diretta a giudizio, rimettendo gli atti direttamente al giudice del dibattimento, senza che sia previsto lo svolgimento dell'udienza preliminare.

Tale ipotesi ricorre, in generale, per i reati puniti con la multa o con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni ed inoltre ogni volta che si proceda per i seguenti reati:

  • violenza o minaccia a un pubblico ufficiale
  • resistenza a un pubblico ufficiale
  • oltraggio aggravato a un magistrato in udienza
  • violazione di sigilli aggravata
  • rissa aggravata (a meno che taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime)
  • lesioni personali stradali ex art. 590-bis c.p.
  • furto aggravato
  • ricettazione

In ogni caso, il dibattimento davanti al giudice monocratico è disciplinato dalle medesime norme, che si svolga o meno l'udienza preliminare.

L'ultimo comma dell'art. 550 c.p.p., infine, prevede che se il p.m. emette decreto di citazione diretta nei casi in cui non sia previsto dalla legge, il giudice, solo su eccezione di parte, dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al p.m. per il corretto esercizio dell'azione penale.

Dibattimento davanti al tribunale monocratico

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Il dibattimento davanti al giudice monocratico segue le regole individuate dall'art. 559 c.p.p., che prevede, come clausola generale, il rinvio alle norme che regolano il dibattimento davanti al collegio, per quanto non diversamente disposto e in quanto compatibili.

Le differenze principali con la disciplina generale attengono alla redazione del verbale di udienza, che avviene in forma riassuntiva ogni volta che vi sia il consenso delle parti, e lo svolgimento dell'esame diretto e controesame di testi, periti, parti private e imputati in procedimenti connessi, che viene svolto dal p.m. e dai difensori, oppure condotto, su richiesta delle parti, direttamente dal giudice, sulla base delle domande e delle contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.


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